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Firenze: al Teatro Niccolini Carlo Cecchi con «Il lavoro di vivere» di Hanoch Levin

Carlo Cecchi in «Il lavoro di vivere» (foto Fabio Artese, per concessione del Teatro Niccolini)

FIRENZE – Carlo Cecchi ritorna per la prima volta in quello che fu il suo Teatro Niccolini (diretto per anni con Roberto Toni): da sabato 1 a mercoledì 5 aprile porta in scena «Il lavoro di vivere» di Hanoch Levin, per la regia di Andrée Ruth Shammah. È il primo testo del drammaturgo israeliano rappresentato in Italia.

Lo spettacolo tratta il tema senza tempo dell’amore come antidoto alla solitudine, con accenni da tragedia greca e comici a un tempo. In scena anche Fulvia Carotenuto nel ruolo della moglie e Massimo Loreto in quello del loro vicino di casa, per il racconto di una separazione come un duello all’ultimo sangue: tra sarcasmo e disperazione un uomo e una donna si affrontano in una lotta verbale dura e crudele, terribilmente ironica. Lo spettatore ride di gusto, senza accorgersi che sta ridendo di se stesso.

È la storia di una coppia di mezza età, in cui l’amore appare a barlumi folgoranti, in mezzo a un mare di insulti, parole durissime e rimpianti. Il teatro di Levin è irriverente: la poesia si nasconde dentro le situazioni più imbarazzanti, i suoi testi sono una commistione di spiritualità nobile e cruda realtà; dalla critica alla cultura borghese ai contrasti tra carne e spirito, “arte e culo”, perché il meschino sogna di stare sotto il riflesso della luce della felicità altrui. Autore molto poco noto in Italia (poche le messe in scena, mai pubblicato), esponente di una cultura molto ricca e piena di innesti, che vanno dal teatro yiddish al cabaret e alla satira, Levin, figlio di sopravvissuti all’Olocausto, è prematuramente scomparso nel 1999 a 56 anni. Oggi è considerato un nume tutelare del teatro israeliano contemporaneo, ai tempi però venne molto contestato per le controverse posizioni che con il suo teatro più politico aveva preso nei confronti del suo Paese. Infatti, è sempre andato contro il trionfalismo israeliano, che obbliga a mettersi in gioco con una matrice ebraica universale, portando tragedia e commedia a sfiorarsi con la tipica ironia della disperazione.

Con questo spettacolo Cecchi ritorna per la prima volta in quello che fu il ‘suo’ Niccolini. La gestione condivisa con il produttore Roberto Toni fu ufficializzata nel luglio del 1980 e il teatro inaugurò nell’ottobre di quell’anno con L’uomo, la bestia e la virtù di Pirandello, un lavoro di repertorio della compagnia Il Granteatro (questo il nome della compagnia all’epoca guidata da Carlo Cecchi). L’ultimo testo da lui diretto e interpretato sul palco fiorentino di via Ricasoli fu nel 1994 Finale di partita di Beckett, che vinse il premio Ubu come miglior spettacolo e miglior regia.

Teatro Niccolini di Firenze (via Ricasoli, 3)

Da sabato 1 a mercoledì 5 aprile (ore 21, sabato ore 19, domenica ore 16:45, riposo lunedì 3 aprile)

Carlo Cecchi in «Il lavoro di vivere» di Hanoch Levin, traduzione dall’ebraico Claudia Della Seta, adattamento e regia Andrée Ruth Shammah, con Fulvia Carotenuto e Massimo Loreto, collaborazione per l’allestimento scenico Gianmaurizio Fercioni, collaborazione per le luci Gigi Saccomandi, collaborazione per i costumi Simona Dondoni, collaborazione per le musiche Michele Tadini. Una produzione Teatro Franco Parenti – Marche Teatro.

Biglietti da 18 a 24 euro. Ridotti (over 60, under 26, soci UniCoop Firenze martedì e mercoledì, abbonati Teatro della Toscana (Pergola / Teatro Niccolini / Teatro Era), possessori di Teatro della Toscana Card). Prevendita: Teatro della Pergola, Via della Pergola 30, Firenze, 055.0763333, biglietteria@teatrodellapergola.com Dal lunedì al sabato: 9.30 / 18.30. Circuito regionale BoxOffice e online

Durata: 1h e 30’, atto unico.

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