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Province: sciopero generale il 6 ottobre, bussano a quattrini dal governo

ROMA – Ancora evidenti i guasti determinati dalla riforme confuse in merito ai governi locali, tentate e abortite dai governi Monti, Letta e Renzi, i tre governi di Re Giorgio Napolitano. L’ultimo aborto è la legge Delrio, che non si riesce a realizzare compiutamente, tanto che ancora esistono su piazza le città metropolitane, le province e gli enti di area vasta, che insistono tutti sullo stesso territorio, con incroci di competenze, confusione e, naturalmente, moltiplicazione di spesa invece dei risparmi fantasticati dal rottamatore.

Proprio in merito alla trattative per aggiustare le cose in merito alla gestione delle residue funzioni e al disatro annunciato per molti bilanci, i sindacati giudicano falliti i tentativi di mediazione e per il 6 ottobre proclamano lo sciopero nazionale di tutto il personale delle Province e delle Città metropolitane. Per Cgil, Cisl e Uil «siamo al collasso e servono risorse per consentire l’erogazione dei servizi fondamentali e tutelare i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, a partire dal pagamento degli stipendi». Il Governo a luglio si è impegnato ad assicurare 100 milioni in più ma per i sindacati non basta e soprattutto servono certezze. Per scongiurare lo stop c’è comunque ancora tempo e una manovra che per i territori, a questo punto, rappresenta un treno da non perdere.

Il ministero della Pubblica Amministrazione, dando conto della decisione dei sindacati, garantisce che i servizi minimi saranno comunque assicurati. D’altra parte le Province, salvate dal referendum del 4 dicembre, hanno competenza su settori fondamentali, dalle scuole (circa 5.100 edifici scolastici frequentati da 2 milioni e mezzo di studenti) alle strade (130 mila chilometri di rete viaria) passando per la tutela dell’ambiente.

Le criticità sono ormai note da tempo: Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl ricordano come la mobilitazione era già partita nei mesi scorsi, per protestare contro una situazione che definiscono di estrema difficoltà. Dopo «la proclamazione dello stato di agitazione e conseguente richiesta di avvio delle procedure di raffreddamento dei conflitti, spiegano, il giorno 4 agosto si è tenuto, presso il ministero del Lavoro, l’incontro per il tentativo di conciliazione che, purtroppo, ha avuto esito negativo». Da qui la scelta di indire lo sciopero, che sarà anticipato da assemblee nei luoghi di lavoro nella settimana tra l’11 il 15 settembre. A fine settembre poi un’altra data cruciale, visto che scade il termine, già rinviato, per la chiusura dei bilanci preventivi.

Si preannuncia così un autunno caldo per Province e Città metropolitane. Ma la partita si è già aperta e inevitabilmente si giocherà anche sui tavoli dei rinnovi contrattuali, che i dipendenti degli enti locali, come tutti gli statali, aspettano da otto anni. E’ in corso infatti la trattativa tra sindacati e Aran, ma su tutto pende la questione dei fondi e la risposta potrebbe arrivare solo con la legge di Bilancio. Intanto però alcune Province lanciano l’S.O.S, come Vibo Valentia, che nei giorni scorsi ha paventato la chiusura di circa 450 chilometri di strade e di oltre la metà degli istituti scolastici.

E la confusione continua a regnare sovrana, mentre si pretendono palate di quattrini dalle disastrate finanze pubbliche, già prosciugate  per il mantenimento di migranti e profughi nullafacenti, pretenziosi e protestanti in ogni occasione. proprio una bella prospettiva, questi i risultati degli ultimi governi instaurati, senza consenso popolare, da re Giorgio.

Governo, province, quattrini, sciopero


Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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