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Manovra: il Governo programma tagli di spesa pluriennali per rispondere alle richieste dell’Ue

Il deficit previsto al 2,4% ha fatto saltare il piano del ministro dell’Economia, Giovanni Tria, che voleva mantenere il rapporto con il Pil all’1,6 o comunque sotto il 2 per non irritare l’Europa, ma ha garantito risorse per 27 miliardi. Occorre però arrivare ai 40 per chiudere il cerchio della manovra, pesantemente lievitata dai 30 miliardi che erano stati ipotizzati nel corso dell’Estate, e ne servono dunque  altri 13. Dove trovare i soldi? La parola d’ordine del governo Conte, come di quasi tutti gli esecutivi che lo hanno preceduto, è lotta dura contro gli sprechi, soprattutto quelli da parte dei ministeri.

Palazzo Chigi intende seguire le indicazioni di una relazione dell’Ufficio Bilancio del Senato, che pone come obiettivo un taglio di un miliardo l’anno per il triennio 2018-2020. I tagli, per singoli capitoli di spesa, sono piuttosto pesanti e spaziano dai trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche (280 milioni), ai trasferimenti a favore di imprese e famiglie (300 milioni). Il ministero dell’Economia sarà sottoposto a una dieta da mezzo miliardo di euro, ma sacrifici significativi potrebbero essere chiesti, tra gli altri, anche al ministero della Salute che pure, con il ministro Giulia Grillo, reclama soldi per il rinnovo del contratto del personale e per l’edilizia ospedaliera, con ripercussioni inevitabili sui servizi.

L’obiettivo della task force istituita a Palazzo Chigi, e sottratta così al diretto controllo di Tria, andrà ad ispezionare i bilanci di tutti i ministeri e degli enti locali. E quando i tecnici si troveranno di fronte a strutture che hanno una gestione poco efficace della spesa, indicheranno le priorità da seguire. A cominciare dalle best practices che dovranno essere adottate per ridurre i costi. Non si tratterà solo di moral suasion, ma di buone pratiche che vanno messe in atto in maniera obbligatoria. Una ricetta già suggerita da Carlo Cottarelli ma mai divenuta realtà. Così come pare impossibile intervenire sul pozzo senza fondo delle società partecipate degli enti locali che, ancora una volta, sono entrate nel mirino dell’esecutivo. L’obiettivo anche qui è ridurre le spese, accorpando le aziende e riducendo i posti nei cda. Ma sarà difficile estirpare le clientele politiche radicatesi negli anni, soprattutto dove un partito egemone, come in Toscana, fa il bello e il cattivo tempo da 60 anni.

Altra voce sulla quale si dovrebbe intervenire e quella delle «tax expenditures», il paniere delle agevolazioni fiscali concesse a famiglie e imprese per ridurre il carico delle tasse da pagare. Questo capitolo potrebbe fruttare risparmi per circa 2 miliardi, ma il lavoro da fare è piuttosto complesso.

La maggior parte delle detrazioni e delle deduzioni (legate a pensioni, lavoro e familiari a carico) sono infatti intoccabili a meno di non voler provocare diffusi mal di pancia sociali e allora le forbici sono pronte ad essere azionate verso una cerchia ristretta di bonus. Tra questi, quelli legati all’autotrasporto, alle spese funerarie e veterinarie e alle fonti energetiche fossili per gli agricoltori.

Ma nei piani del governo ci sarebbe anche una profonda rivisitazione del pacchetto di agevolazioni delle quali godono le imprese che, occorre ricordarlo, con la legge di Bilancio incassano l’Ires ridotta al 15% in caso di assunzione di personale. Potrebbe così scomparire l’Ace, anche se una decisione in merito non è stata ancora presa.

Nonostante diffuse smentite, resta in piedi anche l’ipotesi di ridurre dal 19 al 17% l’aliquota che si può detrarre dall’Irpef per alcune voci come le spese mediche e gli interessi passivi sui mutui. Una leva da azionare con cautela e magari limitata ai redditi medio-alti. Il tutto si inquadra nella volontà, da parte del governo, di introdurre una clausola di salvaguardia sulla spesa che sostituisca le clausole sulle entrate fiscali utilizzate finora (come quella sull’Iva che la manovra dovrebbe disattivare) per indicare gli obiettivi di deficit.

In pratica l’Italia si impegnerebbe con Bruxelles, in caso di crescita inferiore alle attese, a fare ulteriori tagli per garantire il rispetto del deficit indicato nel Def. Ma l’Ue non sembra disposta a fare ulteriori concessioni all’Italia, già sono troppe quelle fatte a suo tempo al governo del rottamatore, che in cambio della flessibilità per gli 80 euro ha riempito il Paese di migranti, che costano e costituiscono un problema sociale e spesso di ordine pubblico. altro che risorse, come diceva la Boldrini. Le conseguenze negative della gestione Renzi continuano a farsi sentire, tanto più che l’esecutivo comunitario e i governi di sinistra europei, attraverso il Consiglio ue, sono decisi a contrastare l’azione del governo gialloverde, attraverso l’artifizio del rialzo dello spread, arrivato a 300 punti,  per ripristinare il regime delle sinistre in Italia, come fecero nel 2011 grazie anche a Re Giorgio Napolitano.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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