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Donna uccisa a Ravenna: ergastolo a Cagnoni. Le motivazioni della sentenza

Giulia Ballestri con il marito, il chirurgo Matteo Cagnoni, accusato di omicidio

RAVENNA – Nelle motivazioni della sentenza della condanna all’ergastolo di Matteo Cagnoni, accusato di aver ucciso la moglie, ci sarebbero anche le mani sporche di sangue. La verità processuale che si consegna alla Corte d’Assise di Ravenna è quella che vede Matteo Cagnoni avere marchiato con il rosso del sangue con entrambe le mani, la propria responsabilità. Il riferimento è alle tracce di impronte palmari trovate sulla scena del crimine, un villa di famiglia da tempo disabitata nel centro della città romagnola. Ed è solo uno dei tanti elementi contenuti nelle motivazioni, depositate in mattinata, con le quali il Tribunale ravennate ha spiegato la condanna all’ergastolo inflitta il 22 giugno scorso al 53enne dermatologo per l’omicidio a bastonate della moglie, la 39enne Giulia Ballestri, avvenuto 16 settembre 2016. In totale 374 pagine nelle quali i giudici togati (presidente Corrado Schiaretti, estensore Andrea Galanti) hanno ricostruito l’intero processo isolando numerosi elementi a carico di Cagnoni e peraltro fornendo una possibile ricostruzione omicidiaria parzialmente nuova: ovvero con la vittima scaraventata dalla furia dei colpi oltre la balaustra del ballatoio, là dove era stata attirata con la scusa di esaminare dei quadri, fino a ricadere nel salone sottostante.

Per quanto riguarda il comportamento di Cagnoni, per la Corte è bene rimarcare che proprio la natura zoppicante, cangiante, fallace oltre che mistificatoria e per la gran parte menzognera di quanto dichiarato dal dermatologo, ha spesso instradato l’operato dell’accusa la quale avrebbe addirittura, proprio seguendo le tracce dichiarative di Cagnoni, accumulato notevoli e anche decisivi supplementi d’indagine. Il 53enne si trova in custodia cautelare in carcere dal 19 settembre 2016, giorno in cui fu fermato dalla polizia nei pressi della villa paterna di Firenze. Il 23 novembre scorso è stato trasferito da Bologna a Ravenna innescando numerose polemiche.

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