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Il ponte di Genova fa un altro passo avanti ma Salini ricorda: non c’è nessun miracolo, nel Paese ci sono le capacità per lavorare così

Genova vede sempre più concretamente il momento in cui riavrà finalmente il suo ponte. Oggi il consorzio PerGenova (Salini Impregilo e Fincantieri) ha realizzato l’ultima delle 18 pile che dovranno reggere la struttura. Alla presenza del sindaco di Genova Marco Bucci e del presidente della Regione Giovanni Toti, l’amministratore delegato di Salini – Impregilo, Pietro Salini, ha commentato con soddisfazione che «questo di Genova non è un miracolo, ma il frutto di una potenzialità inespressa delle grandi aziende italiane. Esistono eccellenze in grado di realizzare grandi opere in tempi brevi, attendono solo l’opportunità di farlo».

Insomma ora che tutti i 18 giganti di cemento armato alti 40 metri sono consegnati, non significa che il lavoro sia finito, ma gli abitanti della città, gli operatori del maggiore porto italiano e l’economia di tutto il Nord Italia possono iniziare a fare i conti con un ritorno alla normalità in tempi ormai brevi, prima dell’estate.
In questi mesi di superlavoro, che hanno visto tecnici e maestranze all’opera notte e giorno per rispettare una tabella di marcia molto ambiziosa, il cantiere PerGenova è riuscito a stupire l’Italia e il mondo intero, diventando il simbolo di un Paese che si dimostra ancora capace di fare cose eccellenti, con velocità e serietà.
«Questa è un’opera unica per la componente innovativa e sostenibile, per i tempi di realizzazione, per la pressione e l’attenzione dell’opinione pubblica» ha ricordato Salini.
Ma purtroppo questo stupore ha solide basi perché al di fuori di un’emergenza così tragica, in tutt’Italia rimangono inattivi numerosi cantieri – di grandi e piccole dimensioni – che sono bloccati dalla burocrazia, oppure da decisioni politiche che non arrivano, oppure ancora dalla mancanza di finanziamenti. Malgrado le ripetute promesse di sbloccare l’iter di questi lavori, nulla è cambiato. Nel nostro Paese ci sono opere bloccate (considerando solo quelle di valore superiore ai 100 milioni di euro) per un totale di oltre 36 miliardi di euro. Le troviamo dalle Alpi alla Sicilia, senza distinzioni, anche se la metà è concentrata tra Piemonte, Liguria e Lombardia.

La lista, per citare solo quelle più importanti, comprende la Tav Torino-Lione (8,6 miliardi) e la Gronda genovese (5 miliardi), che sono di certo le più note all’opinione pubblica. Ma c’è ad esempio l’autostrada Roma-Latina (che vale 2,8 miliardi, con gara già aggiudicata ma con un contratto non avviato); una situazione in cui si trova anche l’investimento da 1,3 miliardi per la Statale Jonica in Calabria; e poi c’è la tratta Brescia-Verona dell’Alta velocità ferroviaria (1,9 miliardi), bloccata da questioni politiche, le stesse che impediscono di realizzare la terza corsia autostradale tra Firenze e Pistoia (3 miliardi di euro).

Se i cantieri sono fermi, va avanti invece Progetto Italia, l’ambizioso piano di sistema che vede Salini Impregilo al centro di un processo di consolidamento di altre imprese (alcune di rilevanti dimensioni, come Astaldi) che dovranno spingere il giro d’affari di Salini da 6 a 14 miliardi nell’arco di pochi anni, e poter così competere a livello internazionale con i grandi operatori esteri, ma al tempo stesso continuare i suoi impegni sul nostro complesso mercato interno, operazione sempre più difficile e onerosa da sostenere per gli operatori più fragili.
Tra i principali obiettivi che si pone Progetto Italia c’è la salvaguardia di un importante contributo alla ricchezza del Paese (con un impatto pari a +0,3% di PIL annuo) e il supporto all’occupazione, con 3-400mila posti di lavoro preservati, di cui circa un quarto giovani.
Dal punto di vista industriale, Progetto Italia potrà migliorare la qualità delle infrastrutture del Paese e rendere più solido l’intero settore dei grandi lavori, con l’obiettivo di riportarlo in bonis (oggi circa il 60% delle aziende omogenee a Salini tra il 2004 e il 2018 hanno cessato l’attività o sono in una situazione di tensione finanziaria).

Le preoccupazioni dal punto di vista della libera concorrenza sono smentite dai numeri. Salini Impregilo, che peraltro concentrerà la sua attività solo su opere di valore pari almeno a 250 milioni, anche considerando Astaldi, Cossi e Pizzarotti arriverebbe a controllare molto meno del 10% del mercato nazionale.
La maggiore competitività sui mercati internazionali produrrà anche ricadute positive ai fornitori made in Italy.

Sono queste le motivazioni di una grande operazione industriale che procede grazie anche al supporto finanziario delle maggiori istituzioni in Italia. Oggi la Cassa depositi e prestiti è azionista di Salini, così come le tre più grandi banche nazionali, Intesa Sanpaolo, Unicredit e Banco Bpm. Una vera e propria operazione di sistema, dunque, che non ha precedenti nel nostro Paese.

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