Mostro di Firenze: l’impronta dimenticata dagli investigatori. La traccia in un articolo di 35 anni fa
FIRENZE – Sui delitti del cosiddetto Mostro di Firenze, ossia la denominazione utilizzata dai media italiani per riferirsi all’autore o agli autori di una serie di otto duplici omicidi di coppie avvenuti nella campagna della provincia di Firenze fra il 1968 e il 1985, è stato scritto tantissimo. Ma non tutto. Pietro Pacciani e i compagni di merende sono stati portati sul banco degli imputati, ma il mistero sulle uccisioni, sugli autori materiali e sugli eventuali mandanti (per esempio su chi volle e probabilmente conservò le parti intime delle ragazze ammazzate forse in vasi di formalina) non è mai stato svelato. Probabilmente anche per errori o depistaggi nelle indagini.
CRONISTA – Su La Nazione di oggi, 5 settembre 2020, si riporta l’indentikit del Mostro tracciato dal professor Francesco De Fazio, all’epoca docente di medicina legale all’Università di Modena, il criminologo più accreditato d’Italia. Il quale, il 9 settembre 1985, giorno in cui furono ritrovati, agli Scopeti di San Casciano Val di Pesa, i cadaveri di Nadine Mauriot e Jean Michel Kraveichvili, le ultime due vittime, attribuì grande importanza all’impronta di una scarpa trovata accante alcorpo del ragazzo. Quell’impronta venne fuori subito. Lo testimonia un articolo della Nazione stessa, firmato da me il giorno dopo, ossia il 10 settembre. E di cui il giornale riproduce la foto. Come seppi di quella traccia? Semplice: venni inviato agli Scopeti quando era già sera e vidi due magistrati, Francesco Fleury e Paolo Canessa, che stavano parlando proprio con il criminologo De Fazio. Mi nascosi dietro a un albero e ascoltai: all’epoca il cronista si faceva anche così. De Fazio attribuiva grande importanza a quell’impronta, probabilmente lasciata da un uomo alto almeno fra 1,85 e 1,90, sicuramente di corporatura robusta.
SCARPONE – Mi precipitai al giornale. E scrissi di getto l’articolo con quel titolo: «C’è un impronta. Indizio rivelatore». L’orma era stata isolata subito e aveva anche una logica nella dinamica dell’omicidio. Nella sua perizia, ancora agli atti, De Fazio parlò di ritrovamento «altamente significativo». Ma ci fu chi non gli dette peso. Si parlò della scarpa di un carabiniere. Ma in sguito è stato appurato che nè polizia, nè carabinieri, nè vigili del fuoco, nè finanzieri, avevano mai avuto scarponi carrarmato di quel tipo. Potrebbero essere, è stato annotato dopo, stivali dell’esercito francese. Si è parlato di un ex legionario pratese, oggi novantenne. Ecco, a chi possa essere appartenuto lo scarpone, io non lo so. Posso solo aggiungere un paio di cose: la prima è che il mio articolo fece scalpore, fu considerato una sorta di colpo giornalistico, perchè nessun altro aveva parlato di quell’impronta. La seconda è che una quindicina d’anni fa, fra il 2005 e il 2006, venni convocato dal magistrato Giuliano Mignini di Perugia (poi noto alle cronache per le indagini sulla morte di Meredith Kercher, che vide fra gli accusati anche Amanda Knox) il quale all’epoca indagava sull’omicidio Narducci, ossia il cadavere ritrovato nel lago Trasimeno, poi legato in qualche modo al Mostro. Mignini mi chiese perchè avessi scritto di quell’orma, il 10 settembre 1985. Risposi che avevo fatto solo il cronista. Nell’articolo, che ho rivisto, ci sono dettagli che, a distanza di 35 anni, non ricordavo più. Se serve, basta rileggerlo attentamente. E chissà che, dopo 35 anni, possa essere utile a fare un po’ di luce sul buio che ancora esiste su 8 duplici omicidi. Ossia intorno a sedici vittime innocenti.