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Stadio Franchi: dal crollo del 1957 al sasso di Commisso. Non c’è tempo da perdere

E’ il 22 dicembre 1957: una ringhiera della Maratona dello stadio di Firenze cede dopo il gol del 2-1 di Virgili alla Juve. I feriti furono più di cento

Un flash, un salto indietro di 63 anni: era il 22 dicembre del 1957 quando lo stadio di Firenze dette il primo cenno di cedimento. Una ringhiera della Maratona crollò sotto l’esultanza dei tifosi dopo il gol del 2-1 segnato da Beppe Virgili alla Juventus. Avevo sette anni, ma ricordo la notizia, quella domenica sera, al giornale radio delle 20: «Paura al Comunale, centinaia di feriti per il cedimento di una tribuna». Ecco, il sasso mostrato da Commisso nell’improvvisata conferenza stampa fuori da Palazzo Vecchio, l’analisi del rischio sulla sicurezza del Franchi fatta dall’Università di Firenze e la preoccupazione del sindaco, Dario Nardella, per la manutenzione che non basta mai, mi hanno fatto tornare alla mente quel lontano campanello d’allarme. In realtà non fu un vero crollo: solo il cedimento della ringhiera sotto la pressione della gente. Non c’erano sedili, tutti stavano in piedi, ammassati gli uni sugli altri. Potevano starci anche 70 mila spettatori. Con il record assoluto di 95mila il 18 maggio del 1952, in occasione di un’Italia-Inghilterra finita 1-1 (gol di Broadis e pareggio di Amadei).

90 ANNI – Nessuno, però, si è mai illuso di avere, a Firenze, uno stadio da 100mila. E nemmeno qualcosa da paragonare al londinese Wembley, stadio grandiosi ma pronto per essere distrutto e ricostruito. Viceversa, l’opera progettata all’alba degli anni Trenta del secolo scorso da Pier Luigi Nervi, con quella forma a D in omaggio al Duce, è un gioiello dell’architettura, non un’arena. Quindi con un peccato originale, un limite: bellissimo e intoccabile. Non destinato a durare per sempre perchè non adattabile a nuove esigenze e impossibile da distruggere perchè dichiarato monumento nazionale. Periodicamente rimbiancato e risistemato, modficato in ccasione dei mondiali del ’90. Ma basta così. A lungo andare, anche le cose più preziose invecchiano, imbruttiscono, decadono. Quando crollò la rinchiera, lo stadio, che si chiamava Comunale, era relativamente giovane: aveva 25 anni. Oggi ne ha quasi 90. E li dimostra tutti. Chi, come il sottoscritto, lo frequenta dal 1962 (prima in curva Fiesole, poi in tribuna stampa) ha visto avanzare i segni del degrado. E’ stato facile per Commisso portare in Palazzo Vecchio il sasso che gli è caduto addosso durante il sopralluogo. Ma io ricordo le crepe che feci fotografare anni fa, quando ancora lavoravo a La Nazione. E penso che se non ci fosse stato il lockdown avremmo avuto qualche brutta sorpresa già nei mesi passati.

DELLA VALLE – Non voglio fare l’allarmista, dico solo il rischio è palpabile. L’analisi dei professori dell’Università di Firenze era scontata. Bisognava correre ai ripari prima. I Della Valle avevano percepito la necessità di fare un nuovo stadio fin da quando, nel 2002, decisero d’impegnarsi nella Fiorentina e fecero l’accordo con il sindaco di allora, Leonardo Domenici. Ma volevano un investimento redditizio: nel momento in cui videro lacci e lacciuoli, il loro entusiasmo si raffreddò. E cominciarono ad occuparsi poco anche della squadra. Con Commisso il ragionamento è riaperto, ma il tempo delle discussioni, che a Firenze piacciono tanto, è finito. Bisogna agire subito. Come? Cresciuto e diventato ricco in America, Commisso va giù duro: si butta giù tutto. In realtà, la nuova legge offre molte possibilità di manovra, ponendo come limite la conservazione delle parti architettonicamente pregiate: come la Torre di Maratona, la tribuna coperta (tenuta su senza pali, quasi a ricordare il miracolo della Cupola del Brunelleschi) e le scale elicoidali. Tribuna coperta e Torre di Maratona potrebbero essere inserite nel progetto del nuovo stadio, come preziosi incastri. Le scale possono invece essere conservate in un grande museo d’arte contemporanea.

COMMISSO – Costruire un nuovo stadio a Campi non sarebbe idea peregrina, ma lascerebbe un problemone: l’abbandono del Franchi. Difficilmente riutilizzabile. Soluzione? Rifare il Franchi con gli accorgimenti citati. Ma in fretta. E non solo perchè Commisso non vuole perdere tempo. E’ Firenze che non può rischiare di veder sbriciolare lo stadio. Occorrono un progetto di rapida esecuzione e un piano per limitare la presenza del pubblico anche dopo l’emergenza Covid. Bisogna correre, far presto. Senza perdere altro tempo nelle discussioni, che piacciono tanto e non risolvono niente. Il ricordo del crollo della ringhiera di 63 anni fa, ma soprattutto i segnali di rischio registrati da Commisso con il sasso in mano e dall’Università con l’allarmante studio non devono restare inascoltati. Il cemento si sgretola: e non c’è bisogno di pensare al Ponte Morandi di Genova per capire il pericolo.

 

 

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Sandro Bennucci

Direttore del Firenze Post Scrivi al Direttore

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