Banche Toscana: allarme servizi e credito, lo studio Fisac Cgil con i dati provinciali
Pistoia – I sindacati bancari, in particolare la Cisl, stanno prestando molta attenzione all’evolversi della politica delle banche in Toscana, che sta determinando riduzione di posti di lavoro. Uno studio presentato a Pistoia presenta la situazione Toscana provincia per provincia.
21 comuni senza uno sportello bancario e senza un bancomat, tutte le storiche banche ad eccezione di Mps con Direzioni generali al nord o oltre confine, un calo di quasi 3,5 punti percentuali oltre la media nazionale dei finanziamenti alle imprese con meno di 20 dipendenti (Italia -18,9% Toscana -22,2%) a fronte di un aumento dello stock dei risparmi sui conti correnti 8 punti superiore alla media nazionale (Italia +26% Toscana + 34%).
E’ l’impietoso quadro toscano nei numeri dello studio (realizzato da Isrf Lab con Fisac Cgil) “Gigantismo bancario ed economia locale. Europa, Italia, Toscana a confronto”, presentato presso il palazzo comunale di Pistoia durante il convegno “Gigantismo bancario e sistemi economici locali” organizzato da Fisac Cgil e Cgil Toscana.
«E’ del tutto evidente che la digitalizzazione, una nuova divisione del lavoro, la smaterializzazione stessa delle attività sono processi, ancorché pieni di rischi, difficilmente arrestabili – dice Daniele Quiriconi, segretario generale di Fisac Cgil Toscana -. Tuttavia il processo va governato, vanno difesi i presidi bancari nelle aree interne, garantiti i flussi di credito, difesi i lavoratori che spesso si vedono ‘ceduti’ insieme ad interi rami di azienda pur in presenza di bilanci stratosferici dei loro istituti. I processi vanno governati con equilibrio da parte di imprese finanziarie che hanno ricominciato a macinare miliardi di utili e distribuire dividendi importanti e il decisore politico non può ritrarsi in una funzione meramente notarile. Pena il rischio che ancora una volta i più deboli paghino il prezzo di una ‘modernizzazione’ discutibile, visto che in molte parti del mondo l’idea del gigantismo bancario comincia ad essere posto in discussione».
Ha detto Dalida Angelini (segretaria generale di Cgil Toscana): “La desertificazione dei servizi bancari va combattuta, mentre il tema del credito deve andare di pari passo con quello dello sviluppo dell’economia. Una discussione che chiama le amministrazioni pubbliche, a partire dalla Regione: va ripensato il sistema del credito, è utile che la politica investa sul risparmio delle famiglie offrendo garanzie, e sono chiamate a responsabilità anche le banche per ridare fiducia agli investimenti”.
Ha aggiunto Daniele Gioffredi (segretario generale Cgil Pistoia): “Ringrazio la Fisac Cgil per aver organizzato il convegno qui, nel nostro territorio. Pistoia è l’anello debole della Toscana centrale, abbiamo assistito alla terziarizzazione del sistema produttivo con conseguente precarizzazione e svalorizzazione del lavoro, è qui che il gap tra impieghi e depositi è il più alto in Toscana, sul 65%, e questo comporta ripercussioni a livello economico, coi depositi che vengono impiegati altrove, mentre servirebbe attirare investimenti per la piccola impresa. Ed è un problema anche per i servizi: senza banche del territorio, in certe aree periferiche e montane mancano anche sportelli bancari e bancomat. E’ il momento che la politica e il sistema del credito intervengano”.
Giulia Bartoli (segretaria generale Fillea Cgil Toscana) ha parlato del settore delle costruzioni: “In edilizia veniamo da dieci anni di crisi, con 27mila posti di lavoro persi. Oggi c’è una ripartenza grazie ai bonus fiscali e alle risorse del Pnrr: ma in Toscana il problema è la frammentazione del sistema delle imprese, che hanno qui in media 2,6 addetti. Così non sono strutturate per affrontare il mercato, occorre potenziarle e farle crescere: hanno bisogno di sicurezza tramite gli investimenti privati e quelli del sistema del credito, ma se quest’ultimo abbandona il territorio ne risentono le potenzialità di sviluppo industriale”
Fabio Berni (segretario generale Filctem Cgil Toscana) ha detto: “E’ fondamentale mantenere un legame tra territori e istituti di credito. Serve che la politica, la Regione in primis, superi i localismi a partire dalla gestione dell’energia e dei servizi pubblici locali per costruire un sistema favorevole allo sviluppo economico, Questo va fatto anche nel settore moda, sul doppio binario della necessità di garantire finanziamenti alle imprese e di creare lavoro buono e stabile combattendo lo sfruttamento e l’insicurezza sul lavoro”.
LO STUDIO ISRF-FISAC IN PILLOLE (CON DATI PROVINCIA PER PROVINCIA)
«La tesi, da tempo sostenuta dalla Fisac Cgil Toscana, di un territorio terra di raccolta del risparmio con impieghi destinati altrove si dimostra quindi tutt’altro che un’opinione, ma è sostanziata dalle stesse banche dati di Bankitalia. Il confronto si rivela ancor più impietoso con regioni come Emilia e Lombardia e se consideriamo che la dimensione media di impresa in Toscana è di 3,6 dipendenti, ma in alcune province scende addirittura sotto i 3, imprese quindi sottocapitalizzate e che necessitano di un rapporto diretto col sistema bancario non filtrato da un algoritmo che sta a qualche centinaio di chilometri di distanza. Nel periodo 2014-2019 preso a riferimento, gli anni immediatamente precedenti la pandemia (prima cioè delle grandi iniezioni di liquidità con garanzie pubbliche del 20-21) e con un Pil toscano cresciuto del 5,3% in quel quinquennio, il calo delle erogazioni di credito toccano livelli a titolo di esempio di -41,5 a Siena – 27,2 a Pistoia, -23,4 a Livorno, con Pistoia che si conferma prima in Toscana in questa classifica (-30,1%) per finanziamento alle microimprese. Numeri non spiegabili solo con la eventuale scarsa selettività precedente o con la riduzione della domanda correlata al calo delle imprese attive perché appunto, senza riscontri nel centro-nord e con valori assoluti che ci avvicinano al sud dell’Italia dove questo processo di desertificazione ha radici più antiche. Il ritornello “ce lo chiede l’Europa” non convince. Vale per l’Italia ciò che non vale per i francesi? I soldi spesi per sostenere il sistema creditizio è una distorsione di mercato solo per il nostro paese? Dopo i 123 miliardi spesi dalla Germania per salvare le prime 5 Landesbanken? O la domanda è: coi soldi pubblici si possono estromettere migliaia di lavoratori, desertificare il paese ponendo a rischio usura e riciclaggio intere aree e lasciare comunità montane e isole senza sportelli?»