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Sanremo: Amadeus comincia con Matteo Berrettini. E avverte: «Se prendo il covid non c’è un piano b»

SANREMO – Il festival numero 72 parte con un atleta simpatico anche se non vincente: Matteo Berrettini. Sarà lui la sorpresa sul palco dell’Ariston. Il tennista romano, unico italiano ad aver disputato la finale di Wimbledon, reduce da Melbourne, dove si è inchinato a Rafael Nadal alla semifinale degli Australian è un altro asso nella manica di Amadeus che ha ritagliato anche uno spazio dedicato alle Olimpiadi invernali di Milano Cortina 2026. Durante il festival, probabilmente mercoledì, dal palco sarà lanciato il concorso per la scelta dell’inno dei Giochi, con la complicità – a quanto si apprende – di due voci d’eccezione, Arisa a Malika Ayane. A decidere sarà il pubblico, votando online, come accadde l’anno scorso con il logo della manifestazione.

COVID – La seconda notizia viene data con un brivido dallo stesso Amadeus: «Non c’è un piano B: se mi prendo il Covid restate qua con me finché non guarisco». Sospiro di sollievo, comunque, perchè è stata evitata anche i rischi di sovrapposizione con il voto per il Quirinale: «Ero abbastanza sicuro che entro il weekend il Parlamento avrebbe deciso – dice il direttore artistico -. Sono convinto che la rielezione di Mattarella sia stata la scelta migliore». Il Presidente era stato invitato sul palco dell’Ariston se non fosse stato richiamato da una politica pasticciona. «Ero quasi convinto che non sarebbe venuto – confessa Amadeus – ma come un martello pneumatico l’ho stressato dall’estate. Fino alla settimana scorsa, quando gli ho spiegato che avevo fatto preparare la sua sagoma con cui avrei camminato sul palco. ‘Cornutazzo, secondo te potevo lasciare il mio amico da solo?’, mi ha detto, arrivando a sorpresa. E’ una persona generosa, lo ringrazierò per sempre».

MANESKIN – Due, forse tre i momenti in cui lo showman tornerà sul palco per lasciare il segno – tra allegria, spontaneità, imprevedibilità – su un festival che si confronta ancora con l’emergenza sanitaria, ma può contare sull’Ariston pieno: e chissà che proprio il calore del pubblico in sala, grande assente l’anno scorso, non convinca Fiore a regalare incursioni anche nelle altre serate. Non ci saranno gli ospiti internazionali («Servono accordi mesi prima, per conciliare la presenza con le loro tournée e con le notizie sulla pandemia: è difficile per non dire impossibile averli in questa fase»), ma in compenso domani arriveranno i Maneskin, ormai la band più ricercata al mondo, e i Meduza. Co-conduttrice Ornella Muti, donna iconica del cinema con i suoi 90 film e anni di carriera. Amadeus voleva partire con una donna che potesse raccontare qualcosa di sé, ma che rappresentasse anche il cinema italiano. Mercoledì toccherà a Checco Zalone: molto attesa – e top secret – la performance dell’attore e regista pugliese, campione dell’irriverenza, che sicuramente canterà e proporrà un monologo, prendendo spunto alla sua maniera dall’attualità e anche dalle ansie da pandemia. Intanto a precederlo uno scherzo da prete lanciato dalla parrocchia del suo paese, Capurso, che promuoveva un finto casting tra fedeli per l’Ariston.

PUBBLICITA’ E CLIMA – Nel festival di tutti, promette il direttore di Rai1 Stefano Coletta, accanto all’evasione ci sarà spazio anche per momenti di riflessione. Ma non si parlerà in senso stretto di Covid: «Ho sempre detto cosa penso dei vaccini, ho fatto la terza dose. Ma penso che la gente abbia bisogno di altro», confessa Amadeus. Quanto ai cantanti, la Rai segue le leggi nazionali: sotto i 50 anni non c’è un obbligo di vaccino. La selezione degli artisti sul palco non può essere dirimente distinguendo vaccinati e no vax: si tratta di dati sensibili, che la Rai non può chiedere, precisa il direttore di rete. A sorridere è Rai Pubblicità: i conti si fanno alla fine, ma l’ad Gian Paolo Tagliavia può già annunciare il superamento della raccolta record dell’anno scorso, 38 milioni. Dal modello delle sponsorizzazioni si è passati a quello delle partnership, con Plenitude – Eni Gas e Luce, Costa Crociere, Suzuki, Lavazza e Ferrero in prima fila e la sostenibilità come filo rosso. Contro Eni si schierano però Greenpeace e i Verdi, puntando il dito contro il tentativo di greenwashing: si usa il palco del festival – è l’accusa – per nascondere le responsabilità nella crisi climatica. Ma anche questa polemica, come sempre a Sanremo, fa spettacolo.


Gilda Giusti

Redazione Firenze Post

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