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Maggio: Palazzo Vecchio prepara la sua Caporetto

Piazza Signoria è un po’ come il Lago di Tiberiade. Con una differenza: che al posto di chi, sulla montagna, moltiplicava pani d’orzo e pesci, in Palazzo Vecchio c’è chi escogita modi per distribuire colpe circa lo stato in cui versa il Maggio Musicale. Col chiaro intento di alleggerire le proprie, s’intende.

Meno di un mese fa (era l’11 marzo) il commissario Bianchi aveva emesso l’ultimo grido di dolore: la Fondazione del Maggio Musicale Fiorentino – aveva detto – “corre diritta verso il muro della liquidazione. Se rapidamente e in maniera strutturale non raddrizziamo i conti l’azienda alla fine di aprile chiuderà i battenti”. Da allora poco o niente è accaduto per escludere la possibilità di chiusura del Maggio, se non un paio di episodi che, se messi in relazione tra loro, appaiono come i primi momenti di una Caporetto che Palazzo Vecchio sta architettando con la massima cura.

Cominciamo dal primo. Appena qualche giorno fa il commissario straordinario Bianchi ha fatto pubblicare su alcuni quotidiani cittadini una lettera-appello rivolta direttamente agli spettatori, in cui tra l’altro si legge: “Continuate a sostenere il Teatro con la Vostra presenza, rinnovando i Vostri abbonamenti e gli acquisti di biglietti che sono il Vostro insostituibile modo di concorrere a salvare questa Istituzione”.

Iniziativa encomiabile, non c’è dubbio, ma la lettera è stata pubblicata a pagamento (in un momento in cui ogni risorsa dovrebbe essere pesata col bilancino) ed è stata diretta al pubblico che, nel ventaglio delle entrate, ad esempio nel 2011 rappresentava solo l’11% , cioè la voce meno consistente insieme ai versamenti dei soci fondatori. Come dire: si fa appello a chi versa di meno. Il sospetto che questa mossa sia solo “di facciata” ci sta tutto.

Il secondo episodio è ancora più recente. Stavolta a scendere in campo è l’assessore al bilancio del Comune, Petretto, che s’inventa una “tassa di scopo” per ricavare risorse da destinare al Maggio (come se Palazzo Vecchio non ne versasse già abbastanza) ma da far pagare solo agli industriali. La risposta del presidente Bettini non si è fatta attendere: “Siamo nettamente contrari”, ha detto Bettini, ricordando che “anche la Tarsu è una tassa che non ci va giù. Non si deve gravare su imprese e lavoratori in questo momento”.

C’è di che rimanere sconcertati di fronte all’uscita di Petretto, perché come la lettera-appello di Bianchi, sa di difesa preventiva prima dell’inevitabile Caporetto del Comune sul campo di battaglia di Maggio. Insomma sia Bianchi, sia il Comune si stanno preparando all’uscita di scena del Maggio e lo stanno facendo moltiplicando appelli e minacce che, rimanendo inascoltati, in un secondo tempo saranno sfruttati a dovere per dividere la colpa. L’obiettivo è di porre sullo stesso piano spettatori infedeli, industriali insensibili e amministratori (precedenti) incapaci. Un bel gioco di prestigio, non c’è che dire.

Però basta non lasciarsi irretire da queste azioni maldestre e rendersi conto che chiedere soldi agli industriali quando il Comune non è stato capace di dare soluzioni ai problemi infrastrutturali più urgenti di Firenze appare quanto meno curioso: l’aeroporto c’è ma non funziona come dovrebbe, la tav è ferma, i servizi vanno a rilento.

Prendiamo gli ultimi tre anni: solo il Comune al Maggio ha destinato circa 12 milioni di euro che, se spesi per le infrastrutture, avrebbero avuto una ricaduta anche a livello industriale e, probabilmente, oggi la proposta di Petretto poteva avere un senso. Ma il Comune – come del resto la Regione e, in parte anche la Provincia – a livello culturale pensa pressoché solo al Maggio.

Ogni anno da Firenze finiscono nelle casse di via Solferino circa 12/13 milioni di euro ai quali ne vanno aggiunti circa 15/16 provenienti dallo Stato. Più altri contributi. Insomma si tratta di una cifra prossima ai 30 milioni di euro annui. Una montagna di soldi destinata a un solo ente in perenne deficit, un fiume di denaro che non passa inosservato soprattutto agli occhi di chi, a livello culturale, avrebbe bisogno di essere sostenuto proprio dal Comune, dalla Provincia e dalla Regione.

Senza contare che tra i dirigenti delle principali istituzioni culturali della città da anni serpeggia il malumore in tal senso e non son pochi quelli che – nei salotti fiorentini e lontano dai media – si augurano un veloce ridimensionamento della Fondazione Maggio Musicale, che da troppo tempo è considerata la principale zavorra della cultura fiorentina, la quale evidentemente proprio a causa dei guai di via Solferino non riesce a decollare.

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