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Il mio nome è Letta, Enrico Letta

Quando Enrico Letta dichiarò di accettare il mandato affidatogli dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per formare il nuovo governo, espresse una “sobria soddisfazione”. Anzi, per meglio marcare la nota della sobrietà utilizzò la tecnica oratoria della ripetizione enfatica, dicendo “soddisfazione, sobria soddisfazione”. Un po’ come fa, presentandosi, il famoso agente segreto inglese dei film 007: “Il mio nome è Bond, James Bond”.

E proprio con il fare da gentleman anglosassone che contraddistingue la creatura letteraria di Ian Fleming, Letta poche ore dopo si è presentato con sapiente maestria ai partner europei per tranquillizzarli sulla solidità del progetto governativo appena varato, che – del resto – in Europa ha avuto il precedente illustre della “Grosse Koalition” tedesca.

Tanto per chiarire meglio il concetto, al momento di nominare la squadra di ministri, Letta ha raccomandato a tutti “una grande sobrietà” nelle dichiarazioni e nei comportamenti. Uno stile di governo, certo, ma anche un’ottima scorciatoia per uscire dalla cagnara da talk show e dal “circo mediatico” nel suo complesso che per tanti anni ha avvelenato oltre misura la vita politica italiana.

Pochi giorni dopo, dalle enunciazioni è passato ai fatti, mettendo “in castigo”, senza pensarci troppo, il neo sottosegretario alle Pari Opportunità, Michaela Biancofiore, rea di aver pronunciato una frase equivocabile sui gay. Parole poco sobrie: per lei meglio la più neutra delega alla “pubblica amministrazione”.

Il governo è in sella da pochi giorni e ancora nessuno può seriamente giudicarlo. Però una cosa si può dire: la sobrietà, per quanto possa essere considerata virtù encomiabile, da contrapporre al comportamento eccessivo, esagerato, intemperante e smodato del quale in passato sono stati accusati sottosegretari, ministri e perfino premier, da sola non basta a risolvere i problemi del Paese.

Anzi, nell’ultimo anno e mezzo l’Italia ha conosciuto il presidente del Consiglio più “sobrio” che l’Italia repubblicana ricordi, Mario Monti. Eppure, i problemi del Paese sono ancora irrisolti. E, se possibile, si sono aggravati nel contesto mondiale. Infatti, mentre Mario Monti portava avanti la bandiera del rigore, di concerto con le indicazioni europee che arrivavano a Roma, gli Stati Uniti hanno ripreso a marciare come una locomotiva, tanto che oggi gli indici borsistici sono ai massimi dell’ultimo quinquennio e la disoccupazione in caduta libera, e anche nella vecchia Europa la Gran Bretagna ha visto un balzo in avanti del Pil dello 0,3 per cento in soli tre mesi. Purtroppo, un anno e mezzo di sobrietà, non hanno portato l’Italia agli stessi risultati.

Per questo, gioverà ricordare che bere Martini agitato e non mescolato per James Bond sarebbe niente se non risolvesse i difficili casi internazionali affidatigli dal Servizio segreto si Sua Maestà. Quindi, la strategia della sobrietà è probabile che dia a Letta qualche settimana di manovra in più prima di finire nel tritacarne mediatico, ma senza una rapida riforma del lavoro, politiche di sviluppo, nuove infrastrutture (materiali e immateriali), agevolazioni per l’occupazione, diminuzione delle tasse (Imu e non solo) e altri seri ammodernamenti del Paese, i nodi torneranno al pettine, indipendentemente dal comportamento verbale di qualche sottosegretario. E a quel punto non basteranno i comportamenti sobri, ma serviranno azioni decise. Molto decise.

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