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Nelson Mandela

Addio a Nelson Mandela

L'ingresso al carcere di Robben island, oggi un museo
L’ingresso al carcere di Robben island, oggi un museo

Dieci giorni di eventi in tutto il Sud Africa e da ultimo la sepoltura, il 15 dicembre, nel suo villaggio natale di Qunu, come lui stesso desiderava. Nelson Mandela è il Sudafrica. Mai un uomo ha impersonificato così pienamente un paese. Eppure Mandela è patrimonio universale. Non solo Firenze gli ha dedicato il suo palasport, ovunque il leader sudafricano è un’icona. È il destino degli uomini veramente grandi. La rete ribolle di messaggi commossi da parte della gente comune. In un momento come quello attuale in cui il sentimento dell’antipolitica domina gli animi, ci si deve stupire di provare fin quasi affetto per un uomo politico?

Nelson Mandela
Nelson Mandela

LEADER PER TUTTI – Giovedì sera 5 dicembre il presidente sudafricano Jacob Zuma ne ha annunciato la morte: «il mondo intero avrà grande riconoscenza». Subito gli ha fatto eco Barack Obama e tutti i potenti della Terra. Il personaggio Mandela è trasversale.Forse perché si è sempre rivolto al mondo intero. «Nel giorno della mia liberazione, estendo la mia sincera e più calorosa gratitudine ai milioni dei miei compatrioti e a quelli in ogni angolo della terra che hanno richiesto instancabilmente la mia liberazione», dice nel febbraio del 1990.

L’APARTHEID – Forse perché l’apartheid non è solo un problema sudafricano. Il termine tradotto dall’afrikaans significa «separazione». Ha un significato preciso: è il sistema giuridico costruito in quarant’anni per lo sviluppo separato delle diverse etnie che convivevano in Sudafrica. Ma la segregazione razziale non è prerogativa sudafricana. Gli Stati Uniti, nel giugno del 1990, accolsero con centomila persone il discorso che Mandela pronunciò a New York. Scelse Harlem, il problematico quartiere nero di Manhattan, dove mandò in estasi la folla dicendo che la forza per lottare gliel’aveva data l’esempio della gente di Harlem.

La dieta differenziata a seconda della razza, nel carcere di Robben island
La dieta differenziata a seconda della razza, nel carcere di Robben island

DA CARCERATO A POLITICO – Nelson Mandela è stato un leader, un carcerato, un avvocato. Ma prima di tutto un politico. È il leader storico dell’Anc (African national congress), il partito con cui vinse le elezioni. La sua carriera politica inizia molto presto, nel 1942, e si chiude nel 1999. Si può amare in maniera così universale un politico? Si può dire che abbia dedicato la vita alla politica. Molte volte, come si legge nella sua autobiografia «Lungo cammino verso la libertà», rimpiange di aver sottratto tempo prezioso alla sua famiglia. La dedizione totale alla politica è causa di un primo divorzio, la prima moglie non capiva perché continuare sulla strada che lo avrebbe portato al carcere. La prigione gli impedisce di vedere i figli crescere. Dal carcere di Robben island sarebbe potuto uscire in ogni momento, se avesse ritrattato sulle sue posizioni antigovernative. La «libertà» del suo popolo era la cosa a lui più cara.

DIALOGO – Con estrema intelligenza Mandela si muove da stratega fra i diversi gruppi politici che rappresentano le razze del Sudafrica. Si fa amici fra la folta comunità indiana, parla con i meticci e non si rivolge mai ai bianchi come a dei nemici. «Sarebbe sbagliato arrivare al potere per buttare i bianchi a mare», dice a più riprese. Il suo antagonismo con Frederik Willem de Klerk, il presidente afrikaner, ha fatto storia. Lo si apprezza anche nell’autobiografia di quest’ultimo, «The last trek – A new beginning». Il premio Nobel per la pace, nel 1993, finisce a entrambi. Il leader sudafricano, pater patriae riconosciuto anche dai bianchi, conquistato il potere lo lascia spontaneamente. Si ritira quando ritiene compiuto il suo percorso, lasciando ad altri la guida della nazione da lui creata. È forse questo l’ultimo insegnamento da cogliere, nella sua lunga vita.

 

 

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