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Sicurezza: il porto d’armi non può essere concesso a chi è stato riabilitato

Quanti si sono ritrovati in casa un'arma in eredità?

ROMA – Il Consiglio di stato ha posto un principio innovativo e restrittivo, che il Ministero dell’interno dovrà seguire, per il rilascio del porto d’armi. Non si può ottenerlo, avendo subito una condanna per un certo tipo di reato, anche se è intervenuta la riabilitazione.

Il parere del Consiglio di stato risulta depositato l’11 luglio 2016 (numero di affare 275). I giudici di Palazzo Spada hanno analizzato l’art. 43 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. La disposizione in combinato disposto con l’art. 11, nega in pratica il rilascio della licenza per le armi ai soggetti colpevoli di una serie di fattispecie criminose. Il collegio prende atto dell’esistenza di due letture contrapposte della stessa norma. La prima, di tipo «evolutivo», prevede che la riabilitazione consenta il rilascio del porto d’armi inquadrandolo come un effetto penale della condanna passibile di estinzione. La seconda lettura, di tipo «rigoristico», non attribuisce alla riabilitazione alcun ruolo specifico in materia. Il consesso ha optato per la seconda soluzione, ritenendo che il divieto di concedere (o l’obbligo di revocare) il porto d’armi per chi ha riportato certe condanne, sono sì effetti della condanna, ma non effetti penali della condanna. Ció significa che la riabilitazione non ha la possibilità di eliminarli.

In pratica, «in presenza di condanne per reati preclusivi la riabilitazione consente di rilasciare al riabilitato le autorizzazioni di polizia in generale, mentre non consente di rilasciargli la licenza di porto d’armi». Pertanto, «gli effetti della riabilitazione si esauriscono nell’ambito dell’applicazione della legge penale ma, salvo diverse, specifiche disposizioni di legge, essa non ha rilievo su altre conseguenze giuridiche delle condanne». Nel parere comunque l’organo consultivo dichiara l’applicabilità dell’art. 43 alle persone che siano state beneficiarie di reiterati rinnovi del titolo di polizia e riafferma il principio che il patteggiamento è pur sempre una condanna.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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