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L’UE chiede ad Apple di pagare 13 miliardi di tasse. E scatena l’ira del governo Usa

Apple pp copiaROMA – Cartella fiscale record: 13 miliardi. L’ha inviata l’Unione Europea ad Apple, scatenando l’ira del governo americano. La  Commissione europea ha ordinato al gigante informatico di pagare una massa di tasse arretrate, giudicando illegali gli sconti fiscali garantiti negli anni dal governo irlandese. Nel mirino della commissaria europea alla concorrenza, Margrethe Vestager, il quartier generale delle attività internazionali di Apple, basato a Cork dal 1980, da dove la società gestisce tutte le attività fuori dagli Usa. In Irlanda Apple impiega circa 5.000 persone ma, sostiene Vestager, “il cosiddetto quartier generale irlandese è esistito solo sulla carta, senza impiegati, senza una sede e senza alcuna attività reale”.L’unico scopo, secondo la Commissione, era quello di poter  attribuirvi gli utili delle attività estere e di poter usufruire delle aliquote superscontate concesse dal governo di Dublino.

Si parla dell’1% sugli utili nel 2003 fino ad arrivare allo 0,005% pagato nel 2014. In sostanza due anni fa Apple era arrivata a pagare una imposta di 5 euro per ogni 100.000 euro di profitti. Questo trattamento fiscale di favore, spesso adottato dall’Irlanda per attrarre multinazionali sul suo territorio, è stato giudicato un aiuto di stato. La decisione “manda un messaggio chiaro”, ha ammonito la Commissaria, alla concorrenza: “Gli stati membri non possono concedere benefici fiscali ingiusti a singole società che siano queste europee o extracomunitarie, grandi o piccole. Questa non è una multa, sono tasse che non sono state pagate e che ora vanno pagate”, ha tenuto a precisare. Dovrà essere il governo irlandese a riscuotere le imposte non pagate e gli interessi e qualora non lo facesse la stessa Commissione può avviare una procedura contro Dublino alla Corte Ue.

L'Apple Store a New York nel cuore di ManhattanSia Apple che il governo irlandese hanno annunciato l’intenzione di fare ricorso contro la decisione alla stessa Corte di Giustizia europea. Il ministro delle finanze di Dublino, Michael Noonan, ha detto di “non aver scelta, se non quella di ottenere l’approvazione del governo per fare appello contro la decisione alla giustizia europea”. Secondo l’amministratore delegato della multinazionale, Tim Cook, la Commissione europea “sta cercando di riscrivere la storia di Apple in Europa, ignorando le leggi irlandesi sul fisco e stravolgendo il sistema fiscale internazionale”.Ma il gruppo di Cupertino si è spinto anche più in là, sostenendo in una nota che la decisione “avrà un effetto profondo e nefasto sugli investimenti e sulla creazione di lavoro in Europa”.Ancora più dura la replica del Dipartimento del Tesoro Usa, secondo il quale la scelta dell’esecutivo Ue “minaccia di  compromettere gli investimenti stranieri, il clima imprenditoriale in Europa e l’importante spirito di partnership tra gli Usa e l’Europa”. L’ordine di pagamento imposto da Bruxelles è il più alto mai deciso, ben superiore al precedente record di 1,3 miliardi di euro richiesti alla società che gestisce il circuito del Nurburgring per aiuti di stato. E conferma la nuova strategia della Commissione. L’Unione europea ha infatti avviato una stretta sui temi della concorrenza e soprattutto sulle questioni fiscali dopo lo scandalo LuxLeaks, che ha rivelato il gigantesco sistema di benefici fiscali garantiti alle multinazionali dal Lussemburgo, quando era primo ministro l’attuale presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. Uno degli aspetti cruciali è la cosiddetta “double non-taxation”, ovvero la circostanza in base alla quale una multinazionale non paga le tasse sui profitti generati all’estero, né nel paese dove ha la sede principale né in quelli esteri dove opera, pur rispettando formalmente le leggi.

Apple non è il primo esempio della nuova politica inaugurata dall’Ue. Lo scorso ottobre la Commissione ha ordinato alla catena americana del caffè Starbucks e a Fiat Chrysler di pagare 30 milioni di euro ciascuno di tasse arretrate all’Olanda e al Lussemburgo. Finita nel mirino dell’Ue anche McDonald’s. Lo scorso dicembre la Commissione ha avviato un’indagine per violazione delle norme  sugli aiuti di stato. Anche qui al centro della questione gli accordi fiscali con il Lussemburgo che le avrebbero consentito di evitare circa 1 miliardo di euro di imposte. Ma il giro di vite di Bruxelles sulle multinazionali americane, soprattutto giganti di internet, ha riguardato anche i temi legati alla concorrenza. Solo contro Google sono state avviato ben tre inchieste per comportamenti anticoncorrenziali.

Apple, Irlanda, ue, usa

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