Pensioni: giornalisti bastonati dal governo. Sono gli unici in Italia a dover pagare un contributo di solidarietà sull’assegno di quiescenza
ROMA – Via libera alla riforma dell’INPGI, l’istituto nazionale di previdenza dei giornalisti. Il Ministero del
Lavoro, di concerto col Ministero dell’Economia, ha comunicato oggi, 21 febbraio, l’avvenuta approvazione della riforma previdenziale varata dal Consiglio di Amministrazione dell’INPGI il 28 settembre 2016, fa sapere in una nota l’istituto. E’ passato anche il contributo di solidarietà a carico dei giornalisti pensionati. Lo pagheranno tutti coloro che hanno un assegno superiore a 38 mila euro lordi l’anno. Ed è un’ingiusta gabella che colpisce i pensionati che hanno fatto i giornalisti. Il contributo di solidarietà per le pensioni più alte (oltre 90 mila euro) è infatti terminato il 31 dicembre 2016. Per i soli giornalisti, incredibilmente, ne è scattato un altro. Perché Gentiloni si accanisce contro i giornalisti, fra l’altro quelli che sono in pensione e non hanno la possibilità di difendersi magari facendo sciopero?
I ministeri ‘hanno infatti dato il via libera agli interventi correttivi del regime previdenziale dell”ente, deliberati per
garantire la sostenibilità della gestione nel medio-lungo periodo. L’iniquo contributo durerà tre anni. La misura costituisce – è spiegato in una nota – sarebbe in adesione ai criteri esposti in proposito dalla Corte Costituzionale, una efficace attuazione del principio di equità intergenerazionale. Bene. Ma i giornalisti pensionati si chiedono perché il peso dell’equità intergenerazionale debba pesare solo su di loro. E non sugli altri pensionati. E, soprattutto, perché non pesa su tutti gli altri cittadini attivi, lavoratori dipendenti o autonomi, che non sono tenuti a pagare un centesimo.