
Rigopiano: 22 archiviazioni. Anche gli ex governatori. La disperazione del padre di una delle 29 vittime
PESCARA – Il gip del tribunale di Pescara, Nicola Colantonio, ha disposto l’archiviazione di 22 indagati nell’inchiesta madre sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), avvenuto il 18 gennaio 2017, quando una valanga travolse il resort provocando la morte di 29 persone. Escono definitivamente dall’inchiesta tra gli altri gli ex presidenti della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, l’ex sottosegretario alla Giustizia Federica Chiavaroli e la funzionaria della Protezione Civile Tiziana Caputi.
Dura la reazione dei familiari delle vittime. «Comincio a pensare che alla fine la colpa sarà di chi stava in hotel, di chi lavorava a Rigopiano e di chi c’è andato in vacanza. Ho appena saputo che il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione nei confronti di tutti i funzionari della regione, dell’Acquaviva, e anche dei tre personaggi che ci hanno fatto credere che Stefano era vivo, uccidendolo due volte. Questa
archiviazione è un colpo che fa molto male». Lo scrive su Facebook Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle vittime della tragedia di Rigopiano
«Per quello che riguarda me e la mia famiglia, non ho parole, mi sento preso per il culo dalla giustizia. Sembra che dovrei essere io a chiedere scusa a Provolo e alla Chiavaroli, perché loro ci hanno detto
e confermato che Stefano era vivo solo per compassione, per darci conforto. Ma stiamo scherzando? – denuncia Feniello – Ma veramente un giudice può dire una cosa del genere a dei genitori che per quattro
giorni hanno creduto che il figlio fosse vivo? Non hanno commesso errore perché erano in buona fede? E noi, allora? Noi non dobbiamo più credere a nessuno, perché se le autorità ci dicono una cosa, dobbiamo
pensare che può essere anche il contrario, che può essere un errore in buona fede. Io non credo più a nulla, il processo possono anche non farlo a questo punto, ormai non ha senso credere nella giustizia.
L’unico a pagare, fino ad oggi, sono io per aver portato i fiori a Stefano, e sto affrontando un processo per questo – ricorda Feniello – Chi mi ha detto che mio figlio era vivo, facendomi illudere per 4
giorni che sarebbe tornato a casa, invece no, perché l’ha fatto a fin di bene. Io invece i fiori a mio figlio perché li ho portati? Per fare del male a qualcuno? Ma ce l’avete una coscienza? Sono schifato,
qualcuno deve spiegarmi come è possibile che a pagare siano sempre e solo i poveracci, mentre chi sta al potere può stare tranquillo, sbagliare, uccidere, e rimanere al proprio posto. Se non fosse per la
promessa fatta a Stefano – conclude – avrei già abbandonato tutto. Questa è l’Italia».