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Le pensioni dopo il coronavirus, quota 100, flessibilità in entrata, estensione 14.ma

 

Dal sito QuiFinanza,it traiamo interessanti previsioni sugli effetti che la crisi da coronavirus potrà avere sulle future pensioni degli italiani. Mentre sono stati modificati calendari e modalità di riscossione della pensione, per evidenti motivi di sicurezza, sono moltissimi, oggi, i pensionati e i lavoratori vicini alla pensione che nutrono grandissime preoccupazioni in merito al futuro del nostro sistema pensionistico, che già non naviga in buone acque. La trattativa tra Governo e sindacati iniziata mesi fa è in pieno stallo.

Posto che le conseguenze dell’emergenza sanitaria saranno pesantissime sul sistema economico produttivo e che qualunque soluzione debba andare nelle direzione di una tutela dei lavoratori e non certo di una loro penalizzazione, cosa succederà a Quota 100? Da otto anni il blocco della rivalutazione delle pensioni ha pesantemente indebolito il potere d’acquisto di chi è in pensione. La crisi del lavoro innescata dall’emergenza sanitaria potrebbe avere effetti durissimi su Quota 100.

Secondo le stime, l’80% dei potenziali richiedenti avrà almeno il 65% della pensione calcolata con il metodo contributivo, e con un anticipo fino a cinque anni perderebbe circa il 10% della pensione, senza considerare il limite imposto dal divieto di lavorare fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia che scoraggia chi non può avere un lavoro regolare.

Flessibilità in entrata
Il primo punto caldo da rimettere al più presto al centro del confronto riguarda la flessibilità in entrata. I dati sul Covid dimostrano chiaramente che le persone ultra sessantenni sono le più esposte alla pericolosità del virus, tanto che alcuni starebbero valutando l’ipotesi di non farle proprio rientrare al lavoro. La flessibilità è dunque una strategia necessaria.

Quota 100 consente di smettere di lavorare a 62 anni e con 38 anni di contributi. Sono diverse le ipotesi in campo: il Governo stava valutando ad esempio un sistema pensionistico basato sui fondi pensione, sostenuto da agevolazioni a carico dello Stato.

Il segretario confederale Uil, Domenico Proietti, ha ipotizzato invece una flessibilità intorno a 62 anni anche dopo la crisi, per chi abbia perso il lavoro a causa del Covid. Un intervento che, oltre a riallineare il sistema previdenziale italiano a quello che avviene in Europa, si configurerebbe come uno strumento importante per garantire una tutela alle persone che saranno espulse dal mercato del lavoro a causa delle conseguenze economiche del Coronavirus, ha spiegato.

Estensione 14esima
Parallelamente alla pensione a 62 anni, l’ipotesi della Uil sarebbe estendere la famosa quattordicesima alle pensioni fino a 1500 euro. Questa scelta, spiega la Uil, servirebbe a dare più reddito ai pensionati e sostenere i consumi e la domanda interna in una fase di drammatica recessione.

Vedremo gli sviluppi futuri, ma, considerato l’atteggiamento punitivo di questo governo e dei precedenti, a partire dal 2011 (governo monti – Fornero) non c’è da stare allegri. Si prospettano altri tagli per le pensioni attuali (i pensionati sono da 10 anni il bancomat preferito dei governi) e tempi bui per chi si avvicina alla pensione.

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