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Migranti arrivano da ogni parte, via mare in Sicilia e via terra a Trieste. E la Ue sta a guardare

Il tema dell’immigrazione è scomparso dall’agenda dell’Europa, messo in secondo piano dall’emergenza sanitaria. La riforma del sistema di asilo di Dublino è uscita dall’agenda: la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, ha detto di non sapere quando sarà riavviata la discussione. La pandemia ha rallentato i ricollocamenti dei migranti in Europa mentre gli sbarchi si sono intensificati.

Dal 1° gennaio al 5 giugno, secondo il Viminale, c’è stata una vera esplosione rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. In questi 5 mesi gli arrivi sono stati 5.461 contro i 1.878 dello stesso periodo del 2019: +290,8%. Nei primi 3 giorni di giugno sono sbarcati 239 migranti con un picco, il 2, di 137. I Paesi di provenienza sono Bangladesh, Costa d’Avorio, Tunisia, Sudan, Algeria, Marocco.

A incentivare i flussi non è solo la bella stagione, come da consuetudine, ma soprattutto la constatazione che il clima politico nei confronti dell’immigrazione in Italia è cambiato, anche se ancora non è stato modificato il decreto Sicurezza, come aveva annunciato il governo giallorosso, poi tornato evidentemente sui suoi passi, tanto che ha decretato la chiusura dei porti, non rispettata da molte imbarcazioni. La sanatoria degli irregolari inserita nel decreto Rilancio, è stato il segnale eloquente che il governo persegue una politica più tollerante.

Nel frattempo a Bruxelles non si trova una linea comune sulla gestione dei flussi. La Commissione avrebbe dovuto da tempo partorire un nuovo patto sul meccanismo di ricollocazione dei migranti salvati in mare e sulla responsabilità degli Stati di bandiera della navi Ong. Ma ancora non c’è traccia. E l’aumento di clandestini è un fattore che acuisce la tensione sociale.

Uno studio dell’Onu prevede un aumento dei flussi a causa del peggioramento della situazione economica globale. In Libia ci sono 650.000 immigrati pronti a imbarcarsi. E l’approdo più facile è l’Italia.

Ma il flusso non avviene soltanto via mare: gli ingressi di clandestini si sono intensificati anche nelle regioni del Nord Italia. Immigrati asiatici, soprattutto afghani e pakistani, seguono la rotta dei Balcani: dalla Turchia arrivano in qualche modo in Bosnia, poi entrano in Croazia e Slovenia e quindi giungono a Trieste pressoché indisturbati. A fine aprile, nel capoluogo giuliano si è registrata un’impennata di ingressi, con picchi di oltre 100 al giorno. A Fernetti, sul valico con la Slovenia, gli arrivi in massa hanno creato problemi per i controlli sanitari al punto che il Viminale ha dovuto mandare altri 40 agenti di rinforzo alla polizia di frontiera.  La situazione è tornata critica anche alla frontiera con la Francia. La Caritas ha segnalato una ripresa dei transiti di migranti, il che fa pensare a nuovi respingimenti verso il nostro Paese. E l’Italia ricomincerà ad essere, nonostante il coronavirus, il punto di approdo unico per chi proviene dall’Africa.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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