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Pensioni falcidiate dai governi, a partire da Monti. Una perdita di 1.000 euro l’anno

La sede Inps  ANSA/CLAUDIO PERI

Come noto il governo giallorosso, novello Fornero, per far cassa non trova di meglio che infierire sui pensionati e ha di fatto rinviato all’1 gennaio del 2023 l’adeguamento pieno degli assegni previdenziali al costo della vita.

Il blocco della perequazione va avanti da diversi anni ma, fino al 2019, la perequazione degli assegni era prevista in questo modo: per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 si prevedeva una rivalutazione  del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo. Con la legge di Bilancio dello scorso anno, le pensioni fino a quattro volte al minimo hanno avuto un adeguamento al 100%.

Il Giornale ha provato a fare qualche calcolo su quanto hanno perso i pensionati in tutti questi anni.

Negli ultimi 8 anni proprio grazie al freno sulle rivalutazioni si calcola una perdita totale media di circa 1.000 euro l’anno. Senza contare i tagli alle pensioni d’oro. Come aveva sottolineato la Uil qualche tempo fa, per un pensionato che percepisce un reddito da 1.568 euro l’anno, la perdita si traduce in un ammanco secco di 960 euro all’anno. Più aumenta l’importo e più si fa pesante la perdita.

Per chi percepisce circa 1.960 euro al mese lordi si registra una perdita di 1.490 euro l’anno. Si tocca poi la cifra record di 7.190 euro l’anno per chi ha una pensione di 4.560 euro mensili.

Questi gli effetti disastrosi dell’azione del governo giallorosso, ma anche di quelli precedenti, a partire dal 2011 quando Napolitano dette a Monti l’incarico di salvare l’Italia, con i bei risultati che ancor oggi constatiamo, di lì cominciarono le sforbiciate alla sanità di cui oggi patiamo i nefasti effetti.

 

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Ezzelino da Montepulico


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