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Riciclaggio, il Riesame: contro la moglie di Carrai nessuna prova

FIRENZE – Non esiste, secondo il tribunale del riesame, la prova che la somma in contanti sequestrata all’aeroporto di Firenze, e che sarebbe stata destinata alla moglie dell’imprenditore Marco Carrai, Francesca Campana Comparini, avesse una provenienza delittuosa. Questa la motivazione con cui il riesame di Firenze, a novembre 2020, annullò il sequestro di un pc, di un telefono e di documenti a carico della donna nell’ambito di un’inchiesta per riciclaggio e autoriciclaggio che la vede indagata a Firenze in concorso col marito. Gli accertamenti investigativi sono partiti dopo un controllo all’aeroporto di Firenze quando furono trovati 159.000 euro in contanti a una passeggera originaria del Togo in arrivo nel capoluogo toscano, anche lei poi indagata.

Di questo denaro furono sequestrati 74.640 euro, ossia il 50% della somma eccedente il limite previsto dalla normativa antiriciclaggio. Per i pm si sarebbe trattato di denaro del presidente del Togo, che il politico avrebbe fatto arrivare in Italia attraverso una sua collaboratrice e destinato alla moglie di Carrai, formalmente per il pagamento dell’affitto di un appartamento di sua proprietà a Firenze. Per l’accusa, tuttavia, il contratto di locazione dell’abitazione sarebbe stato fittizio così come l’intestazione dell’abitazione, solo sulla carta di proprietà di Francesca Campana Comparini, che lo aveva acquistato alcuni mesi prima, ma in realtà di proprietà del presidente del Togo.

«Nella vicenda esaminata – scrivono i giudici del Riesame dichiarando fondato il ricorso presentato dal legale della donna, avvocato Filippo Cei – mancano elementi che possano idoneamente delineare un delitto presupposto, fosse anche commesso all’estero, da cui sia provenuta la somma caduta in sequestro amministrativo».

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