Il terrorismo Isis rinasce in Siria e Iraq, i rischi per l’Europa e per l’Italia
Il giornalista francese Georges Malbrunot, su Le Figaro del 14 febbraio esamina le situazione del rinascente terrorismo islamico di Daesh nelle zone dell’Iraq e della Siria, che deve mettere in allarme l’Occidente e l’Europa. Riprendiamo alcuni punti della sua analisi, mirandoli alla situazione italiana.
Tre anni dopo la caduta del loro califfato, i jihadisti continuano a compiere micidiali attacchi terroristici nei loro territori, mentre in Europa continuano gli attacchi dei lupi solitari. Quando l'attività jihadista diminuisce in Iraq, tende ad aumentare nella vicina Siria e viceversa. Questo è stato il caso tra il 2019 e l'inizio del 2020, quando in Siria sono calati una media di 20 attacchi al mese. Sono raddoppiati a circa quaranta durante i primi sei mesi del 2021 e poi sono scesi a circa una dozzina. Per gli specialisti, questa apparente correlazione non stabilisce tuttavia legami diretti tra la realtà irachena e quella siriana, essendo i due teatri differenti. In Siria, dove Assad non ha ancora preso il controllo dell'intero territorio, i jihadisti stanno approfittando delle vaste distese del deserto nel centro e nell'ovest del Paese per ritirarsi, addestrare e preparare nuovi attacchi. Nel nord-est amministrato dai curdi, è l'emarginazione delle popolazioni arabe da parte dei curdi a fornire all'Isis fonti di reclutamento. Se ora hanno meno accesso ai loro depositi di armi ed esplosivi e non possono più contare sull'afflusso di combattenti stranieri come ai tempi della guerra civile, la diversità degli attori e la competizione tra loro (regime di Assad, forze curde, ex jihadisti nel Nord-Ovest) sono combustibili per l'attività jihadista. Un'ulteriore prova della loro capacità operativa è il recente attacco - preparato in anticipo grazie alla mobilitazione di 200 combattenti - della prigione di Ghwayran vicino a Hassaké dove erano ammassati più di 3.000 jihadisti. Neppure l'uccisione recente del loro leader, Abu Ibrahim al-Hachimi al-Qourachi, liquidato il 2 febbraio da un commando delle forze speciali americane nel nord della Siria, al confine con la Turchia diminuirà le azioni di Daesh, l'impatto della sua morte sulle attività del gruppo jihadista sarà limitato. La sua struttura decentralizzata tra le sue diverse "province" in tutto il mondo gli consente di mitigare lo shock. L'intelligence internazionale ritiene che nei prossimi anni l'attività di Daesh dovrebbe continuare ad essere altalenante, a seconda delle situazioni politiche in Iraq e Siria, che rimarranno segnate dall'instabilità. Gli esperti di West Point sottolineano il fatto che gli unici attacchi che hanno richiesto un certo livello di centralizzazione sono stati quelli perpetrati contro le regioni curde dell'Iraq e il settore elettrico iracheno nell'estate del 2021 quando la distruzione dei tralicci è avvenuta contemporaneamente nel centro e nel nord del Paese. Tuttavia, la resilienza jihadista non va sottovalutata. L'onnipresenza delle milizie sciite irachene filo-iraniane, sommata all'incapacità del governo di Baghdad di tendere imboscate al ritorno delle popolazioni sfollate dalla guerra contro Daesh nelle regioni sunnite, offre uno spazio all'IS. Allo stesso modo gioca a suo favore il mancato coordinamento tra le forze di sicurezza curde e quelle del governo di Baghdad nelle regioni contese tra le due entità. Per non parlare, ad esempio, al di fuori dei suoi confini, del caos banale persistente che le consente di reclutare tra i giovani sunniti senza speranza e diseredati. Daesh può ancora contare sui suoi collegamenti con la Turchia per facilitare - tramite società intestate - le sue operazioni di riciclaggio di denaro, che le consentono di sopravvivere finanziariamente. Senza dimenticare le possibilità di fare avanti e indietro con il territorio turco, dove si sono ritirati ex leader jihadisti. Nell'interminabile guerra siriana sono gli ex jihadisti, per lo più siriani, a indirizzare anche l'attività dei jihadisti stranieri, che probabilmente attraverseranno il vicino confine turco e torneranno in Europa. Ma al di là di Daesh, la minaccia jihadista di Idlib continuerà ad essere una questione di sicurezza per gli Stati Uniti e per l'Europa, i cui sforzi invece adesso sono concentrati contro il pericolo dell'invasione russa dell'Ucraina, amplificato ad arte dagli Usa e da Biden. Ma occorre sempre prestare attenzione al pericolo degli attentati islamici. Anche se per ora non dovrebbero arrivare in massa in Europa terroristi dalle zone controllate da Daesh, il pericolo resta evidente per la presenza massiccia in Europa di islamici radicalizzati, che hanno compiuto anche nel recente passato atti di violenza e uccisioni di gente inerme. L'Italia è stata finora risparmiata da attacchi micidiali che hanno colpito soprattutto Francia, Germania, Inghilterra, Belgio e Spagna, forse perché il nostro Paese costituisce rifugio sicuro e porta d'ingresso, anche attraverso gli arrivi con i barconi, per gli affiliati Isis. Ma recentemente anche in Italia gli episodi di Capodanno a Milano dimostrano che la violenza sta nascendo fra gli immigrati di seconda generazione. Un problema in più per le Autorità italiane ed europee, e anche Emmanuel Macron, che probabilmente sarà confermato Presidente della Repubblica in Francia, dovrà restare in allerta contro questo rischio, visto che la Francia è ed è stato uno dei paesi europei maggiormente colpiti da gravi e sanguinosi attentati islamici.