Firenze: giudice riammette al lavoro dipendente sospeso perché non vaccinato

FIRENZE – Una seconda ordinanza di un giudice fiorentino riammette un lavoratore sospeso illegittimamente dalle sue mansioni perché non vaccinato. Un altro colpo alla strategia delle vaccinazioni obbligatorie perseguita dai recenti governi.
Al giudice del lavoro aveva proposto ricorso una dipendente di cooperativa titolare di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato per lo volgimento dì mansioni di “educatore senza titolo” da svolgersi presso albergo popolare.
Parte datoriale, preso atto del fatto che la lavoratrice risultava inadempiente all’obbligo vaccinale, disponeva l’immediata sospensione del rapporto di lavoro.
Ciò premesso la ricorrente sosteneva l’illegittimità della sospensione perché disposta nei confronti di lavoratore non assoggettato ad obbligo vaccinale, mentre datrice si costituiva sostenendo la legittimità della sospensione in quanto l’obbligo vaccinale discendeva dalle caratteristiche precipue della struttura nella quale la lavoratrice era chiamata a svolgere le sue mansioni e comunque derivava da obbligo di tutela della stessa lavoratrice e degli ospiti della struttura.
Il giudice accoglieva il ricorso reintegrando la dipendente in quanto l’art. 4 ter D.L.44/11 dispone che l’obbligo vaccinale riguarda tutti i soggetti che, a qualsiasi titolo lavorano all’Interno delle strutture ove vengono erogate prestazioni sanitarie o socio-sanitarie. Poiché la ricorrente non rientra in alcune delle categorie assoggettate ad obbligo vaccinale in quanto è pacifico che la struttura dove svolge la sua attività di educatore realizza un servizio di accoglienza temporanea di soggetti in difficoltà, a parere del giudicante, non ha le caratteristiche dì né delle strutture descritte all’art 4 bis ( che sono residenziali) né di quelle di cui all’art 4 ter del Dl 44/21 cit.
Dunque l’obbligo vaccinale, non previsto dal legislatore, non può essere imposto al dipendente dal datore, sia pur in dichiarato adempimento dell’obbligo di protezione previsto dall ‘art 2087 cc, risultando tale imposizione in contrasto con la riserva di legge prevista dal comma 2 dell ‘art 32 cost. per ogni tipo di trattamento sanitario.
In definitiva il giudice ha statuito che l’obbligo vaccinale previsto per legge in un ristretto ambito non può essere arbitrariamente esteso da un datore di lavoro, sia pur argomentando attraverso l’applicazione di norme generali di altra legge.
Quest’ordinanza è dunque diversa da quella emanata da altro giudice fiorentino che aveva riammesso una psicologa sospesa da un’Asl perché non vaccinata, ma conferma il medesimo principio della validità di obbligo vaccinale soltanto limitato ad ambito di lavoro sanitario e rigorosamente prevista dalle legge, escludendo qualsiasi possibilità di applicazione generalizzata ed estensiva. Un principio questo, già ribadito più volte, applicabile a molte fattispecie analoghe, nelle quali siano previsti obblighi generalizzati di vaccinazione per categorie estese di persone.
