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Meloni-Berlusconi: fissato l’incontro. Lei attacca la sinistra e condanna la deportazione nazifascista degli ebrei

Giorgia Meloni: in attesa dell’incontro con Berlusconi attacca la sinistra e condanna la deportazione degli ebrei del 16 ottobre ’43 (Foto ANSA)

ROMA – Nella domenica di fibrillazione per gli accordi nel centrodestra, Giorgia Meloni attacca la sinistra: “Mettetevi l’animo in pace, siamo qui per risollevare la nostra Nazione. E faremo bene. A differenza di voi”. Quindi il contatto Berlusconi-Meloni: c’è stato. L’incontro chiarificatore è stato fissato per il pomeriggio di lunedì 16 ottobre 2022, probabilmente intorno alle 16. Si parla, appunto, di incontro chiarificatore, un faccia a faccia per ricucire lo strappo consumato sul no a Licia Ronzulli nel Governo opposto da Meloni a Berlusconi, cui ha fatto seguito il mancato sostegno nell’urna di Forza Italia al neo presidente Fdi del Senato Ignazio La Russa, l’appunto più o meno pubblico di epiteti stroncanti di Berlusconi su Meloni, la sua replica a favor di telecamere “non sono ricattabile”. Intanto Giorgia Meloni ha condannato con forza, e pubblicamente, il rastrellamento nel Ghetto di Roma del 16 ottobre del ’43, scagliandosi contro “la vile e disumana deportazione di uomini, donne, bambini”. E’ la prima volta che lo fa. Prima di lei fu Gianfranco Fini, erede diretto di Giorgio Almirante, a esprimere condanna piena.

MEDIATORI – Ma andiamo per ordine. A lavorare alla ricucitura indefessi per tutto il fine settimana sono stati i pesi massimi del centrodestra. Dallo stesso presidente del Senato Ignazio La Russa a Guido Crosetto sul fronte Meloni che hanno portato a casa la richiesta “tassativa” della premier in pectore che fosse Berlusconi ad andare da lei e non viceversa, escludendo anche campi neutri come il Parlamento, gruppi Fdi o Fi di Camera o Senato inclusi. Sul fronte di Forza Italia, da Gianni Letta ad Antonio Tajani e Fedele Confalonieri hanno sudato non poco per convincere Berlusconi a compiere il passo e accettare le condizioni della premier in pectore. Con il leader della Lega Matteo Salvini a fare da mediatore, rimasto a Roma nel fine settimana e in ripetuti contatti sia con Meloni che con Berlusconi. Le ultime resistenze del quale, secondo fonti di Forza Italia, sarebbero state superate solo dopo che la sua stessa compagna Marta Fascina ne avrebbe valutato con Licia Ronzulli la accettabilità. Un fine settimana di trattative ininterrotte fra Meloni e Salvini a Roma e Berlusconi e lo stato maggiore Fi ad Arcore che non avrebbero visti estranei gli stessi figli di Berlusconi, Marina e Piersilvio in testa. Fino a suscitare protesta pubblica del Pd che ha chiesto a Meloni di rendere pubblico se vero e su quali temi si sarebbe confrontata con i figli di Berlusconi, oggi al vertice delle aziende di famiglia.

CROSETTO – “Nessuno vuol fare un governo senza FI o che non sia di centrodestra. Abbiamo visto, per anni, governi tra Lega e M5s, M5s e Pd, Lega-Pd-M5s. Vuole che ora non ne nasca uno di centrodestra? Vorrebbe dire farsi molto male. Non succederà. E neppure che FI vada da sola alle consultazioni”. Guido Crosetto, co-fondatore di FdI, in un’intervista a QN, circoscrive lo scontro: “C’è stato un atto di rottura forte, simbolico, al Senato, ma alla Camera tutto il centrodestra ha votato, compattamente, per Fontana. Dopo la lite, ci sarà la ricomposizione. Meloni non è una che porta rancore. È una donna forte e pragmatica. Il Paese ha tanti problemi. Non si può aspettare”. 

RICATTI – Crosetto spiega così le parole di Giorgia Meloni: “Lei non voleva dire ‘io non ricatto, tu sì’. Stava spiegando, e a tutti, che è una persona che non ha paura dei suoi interlocutori, né di minacce, ricatti. Se uno la minaccia, lei va avanti per la sua strada. Se una cosa non mi convince, non la faccio”. E il foglietto di Berlusconi non era a favore di telecamere, aggiunge: “Conosco Berlusconi da tanto tempo. Non fa queste cose: erano i suoi appunti, parlava con sé”. “Da parte di Berlusconi c’è stata una richiesta specifica, per la Ronzulli. Meloni – spiega Corsetto – ha ritenuto di scegliere un’altra figura. Potevano cambiare obiettivo e invece si sono infilati in un braccio di ferro, tra minacce, atti, gesti, voti, eccetera. Potevano chiedere compensazioni di altro tipo”. E aggiunge: “Berlusconi dovrebbe scegliere, per il governo, le persone con il metro con cui ha fatto fortuna nelle sue aziende: selezionando i migliori tra tutti”.

NAZIFASCISMO -Quest’anno la Festa delle Capanne, una delle festività più importanti per gli ebrei, non si concluderà con la tradizionale passeggiata nel Ghetto di Roma, perché coincide con l’anniversario del rastrellamento del 16 ottobre 1943, quando 689 donne, 363 uomini e 207 bambini furono trascinati all’alba fuori dalle loro case dalle SS. Per la prima volta un premier in pectore erede della destra italiana, Giorgia Meloni, con forza condanna “la vile e disumana deportazione di ebrei romani per mano della furia nazifascista: donne, uomini e bambini furono strappati dalla vita, casa per casa. Un orrore che deve essere da monito – dice la leader di Fdi sapendo che il mondo guarda alle sue parole – perché certe tragedie non accadano più. Una memoria che sappiamo essere di tutti gli italiani, che serve a costruire gli anticorpi contro l’indifferenza e l’odio. Una memoria per continuare a combattere, in ogni sua forma, l’antisemitismo”.

FINI -Parole nette le sue, come quelle che il leader della destra italiana Gianfranco Fini pronunciò condannando il fascismo “male assoluto” nello storico viaggio in Israele ed avvicinandosi con rispetto alla comunità ebraica. E Fini, erede Almirante, da presidente della Camera, passeggiò al Ghetto con la kippah insieme agli ebrei romani, per i 65 anni dal rastrellamento. Giorgia Meloni ha chiamato al telefono la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello , per esprimerle vicinanza e sostegno, ricordando nei dettagli quella giornata “tragica, buia e insanabile”.

MELONI – “Pochi minuti dopo le 5.00”,- rivive con precisione e partecipazione quei momenti la premier in pectore, Giorgia Meloni – 1259 persone “furono deportate e di loro solo quindici uomini e una donna fecero ritorno. Nessuno dei bambini”. Lei – che di fronte alle minacce con la stella a 5 punte ad Ignazio La Russa invocava la fine della campagna d’odio anche delle sinistre – ora invoca una memoria condivisa contro “l’indifferenza e l’odio”. “Una memoria per continuare a combattere, in ogni sua forma, l’antisemitismo”.

LA RUSSA – E con la Meloni c’è l’intero partito. Mentre nuove minacce di morte – stavolta con la A cerchiata anarchica -arrivano da Roma al neo presidente del Senato Ignazio La Russa, lui “oggi come sempre” esprime la sua vicinanza alla comunità ebraica e chiama il presidente milanese Meghnagi. Così come fa il neo presidente della Camera Lorenzo Fontana.

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Sandro Bennucci

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