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Toscana, sempre più poveri in coda alla Caritas. In maggioranza i disoccupati

Povertà al galoppo in Italia
Aumentano i poveri in Toscana, soprattutto fra chi ha perso il lavoro

FIRENZE – Nel 2007, l’anno che precedette l’esplodere della crisi economica mondiale ancora in corso, il numero degli italiani che si erano rivolti ai centri d’ascolto toscani della Caritas era pari al 18,9% del totale (80,1% gli stranieri). Nel 2013 è stato pari al 31,9% (68,1% gli stranieri): un balzo in avanti di 13 punti percentuali. Nello stesso anno, il 2013, i disoccupati accolti ai 152 centri Caritas sparsi per la Toscana erano pari al 76,4% del totale. L’anno prima, il 2012, erano stati il 74%.

Sono alcuni dati, contenuti nel Dossier 2014 sulle povertà in Toscana, presentato oggi 12 giugno in Palazzo Strozzi Sacrati dalla delegazione regionale delle Caritas, presenti anche il vescovo di Arezzo, mons. Riccardo Fontana, e il direttore della Caritas di Firenze, Alessandro Martini, e dalla vicepresidente regionale e assessore al Sociale, Stefania Saccardi.

CALO COSTANTE DEL REDDITO – Anno dopo anno si assiste a una crescita progressiva della povertà in Toscana. O perlomeno di uno stato di bisogno, che assume sfaccettature sempre più multiformi e complesse. Alla fine del 2009, ricorda il Dossier Caritas, le famiglie in condizione di povertà relativa in Toscana erano 90mila, il 5,5% del totale, un’incidenza che poneva la regione al quint’ultimo posto in un’ipotetica graduatoria nazionale. Tuttavia, dal 2007, anno fatidico delle prime avvisaglie mondiali della crisi, la povertà delle famiglie ha cominciato a crescere costantemente: dal 2008 al 2011 in termini reali il reddito dei nuclei familiari della nostra regione è sceso del 2,6%.

IL BISOGNO ASSUME NUOVE FORME – Le persone che nel 2013 si sono rivolte a uno dei 152 Centri Caritas sparsi in Toscana sono state 25.353: il 6,4% in meno rispetto ai 27.095 registrati nel 2012. Dal 2007 è il primo anno che si assiste a un calo: ma «guai a trarre la conseguenza – scrive il Dossier 2014 – che tale diminuzione derivi da un miglioramento socio-economico delle condizioni di vita delle categorie più vulnerabili e che quindi possa essere considerato una sorta di lumino in fondo al tunnel della crisi». La spiegazione per questa diminuzione di incontri è duplice: l’aumento di complessità dei problemi, con la conseguente difficoltà ad accogliere nuove situazioni, e una studiata razionalizzazione avvenuta nella raccolta dei dati da parte delle diocesi. Ciascuna persona che si è rivolta a un Centro Caritas ha avuto più di 4 incontri (4,16 in media. Il dato sale a 5,2 se si considerano le persone conosciute, ossi coloro che sono seguiti da più di un anno) mentre per quanto riguarda la provenienza crescono gli italiani sugli stranieri (ogni italiano effettua 4,72 visite contro le 3,90 degli stranieri).

FIRENZE-PRATO-PISTOIA: AREA CRITICA – Le Caritas che nel 2013 hanno incontrato il maggior numero di persone sono quelle di Firenze (6.464 pari al 25,5% del totale regionale), seguite da Prato (3.248; 12,8%) e Livorno (9%). Oltre la metà (55,2%) delle persone in complesso seguite sono state incontrate dai Centri dell’area Firenze-Prato-Pistoia; oltre un quarto (28,5%) dai Centri della Toscana costiera centro-settentrionale e circa un sesto (16,3%) dai Centri della Toscana meridionale.

PIU’ DONNE CHE UOMINI – È di genere femminile il 56% degli utenti che nel 2013 hanno bussato alle porte di Caritas (14.194 persone): un dato in linea con quello 2012 ma che è lievemente superiore all’incidenza media nazionale (54,4%).

SEMPRE PIU’ ITALIANISono straniere 17.250 persone che hanno chiesto il sostegno delle Caritas nel 2013 (il 68,1% del totale, mentre il dato nazionale si ferma al 61,8%). Ma questa caratteristica – sottolinea il Dossier – è andata lentamente ma costantemente attenuandosi negli ultimi anni visto che ancora nel 2007 era straniero l’80,1% delle persone chiedenti aiuto. Gli italiani, dunque, sono passati dal 18,9% del 2007 al 31,9% del 2013. «Questo restringimento della forbice tra italiani e stranieri è verosimilmente da ricollegarsi alla crisi economica degli ultimi sei-sette anni e al lento ma costante scivolamento verso la povertà di fasce crescenti di popolazione italiana, fino a poco tempo fa escluse da questo pericolo».

SENZA LAVORO LA CASA NON GARANTISCE PIU’ – L’età media di chi si rivolge a Caritas è 43 anni. Il 47,8% non è coniugato. Chi si dichiara disoccupato è passato dal 74% del 2012 al 76,4 del 2013: l’incremento più significativo – nota il Dossier -dall’inizio della crisi a oggi. A proposito di abitazione, il 63,7% degli utenti ha una casa stabile, ossia vive negli alloggi popolari o in affitto o con genitori o anche in una casa di proprietà: la stabilità abitativa – nota il Dossier – resta certo un argine al diffondersi e acuirsi delle povertà, ma un argine «tutt’altro che invalicabile».

I NUOVI POVERI – Sono 10.225 le persone che si sono rivolte per la prima volta, nel 2013, a un centro Caritas. Fra i «nuovi poveri» gli italiani sono il 32,1% e gli stranieri il 67,9%. Le comunità straniere più numerose fra i nuovi poveri sono Romania (25,3%), Marocco (14%) e Albania (10,8%). La percentuale complessiva di disoccupati sale, fra i nuovi poveri, all’80,5%.

POVERTA’ CRONICA – Nei cinque capitoli del Dossier 2014 ancora due aspetti: la cronicizzazione della povertà: circa una persona su cinque è seguita in un Centro Caritas da almeno sei anni. Si tratta di «una quota significativa di persone che non riesce a liberarsi dalla trappola della povertà»; la marginalità abitativa: il 9,9% di chi ha chiesto aiuto alla Caritas – 1.951 persone – vive in vecchi ruderi e case abbandonate ma anche in auto, treni, roulotte, sale d’attesa, panchine. Il 29,1% di essi è seguito da almeno sei anni e vive dunque in povertà cronica mentre il 36,5% ha bussato alle porte Caritas per la prima volta nel 2013.

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Domenico Coviello

Giornalista

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