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Parla Roberto Calamai, cappellaio di San Lorenzo

Roberto, una vita tra i banchi di San Lorenzo: “Ho servito anche il re della Malesia”

Parla Roberto Calamai, cappellaio di San Lorenzo
Parla Roberto Calamai, cappellaio di San Lorenzo

FIRENZE – C’è chi nasce con la camicia – come recita un vecchio detto popolare – e chi col cappello in testa. Roberto Calamai, fiorentino doc, è certamente uno di quelli: 44 anni (di cui 27 dedicati al lavoro), Roberto ha saputo reinventarsi varie volte a livello professionale. Ha fatto il fabbro, il procacciatore d’affari, il macchinista e persino il magazziniere. Nel suo Dna, però, c’è sempre stato San Lorenzo, la passione per il mercato e per il contatto con la gente. E’ proprio quella propensione al dialogo, alla conoscenza, che lo ha portato nel 1993 ad avvicinarsi al quartiere e, nel tempo, a diventare ambulante.

“Ero stato assunto come commesso all’interno di una profumeria in piazza Madonna degli Aldobrandini – racconta Roberto – Ero l’unico uomo lì dentro e mi divertivo a venire al mercato: conoscevo una ragazza che lavorava a un banco di cappelli, e di tanto in tanto venivo a trovarla. Un giorno lei mi presentò il proprietario e, da cliente, divenni amico del titolare”. Dopo aver trascorso un anno negli Stati Uniti, Roberto torna a Firenze nel 1996. “A quel punto, il proprietario del banco che frequentavo anni prima – ricorda – mi propose di lavorare per lui. Io accettai: dopo alcuni anni di gavetta, ho avuto la possibilità, nel 2000, di aprire la mia partita Iva e ho preso in gestione proprio quel banco di cappelli in cui avevo avuto l’opportunità di imparare il mestiere. Nel 2005 ho comprato anche la licenza”.

Il banco di Roberto, pezzo di storia del mercato
Il banco di Roberto, pezzo di storia del mercato

Sono passati quindi 16 anni da quando Roberto ha iniziato a prendere confidenza col mercato e a vestire i panni di ambulante di San Lorenzo. Un lasso di tempo piuttosto lungo, durante il quale anche lui ha avuto modo di vedere da vicino i cambiamenti di tutta la zona e dell’intero rione. “Quando sono arrivato io, ai banchi lavoravano tantissimi fiorentini. Ora, invece, la maggior parte delle persone è straniera – sottolinea Roberto – Anche la clientela si è modificata: prima venivano soprattutto fiorentini e gente della provincia. Adesso questi sono completamente spariti“. Gli abusivi, tredici anni fa, c’erano già e il degrado, ammette Roberto, anche allora imperversava in tutte le strade limitrofe. Ciò che di nuovo si è abbattuto sulla categoria è stato invece il dramma della crisi economica globale, un problema che ancora oggi gli ambulanti scontano. “Essendo rimasti senza clienti di Firenze e della provincia – ribadisce – viviamo solo di turismo. Ma dal momento che le cose vanno male anche all’estero, ecco che tutti quanti ne risentiamo. Credo che se già 15 o 20 anni fa ci fossimo coalizzati tra noi – fa notare, con una punta di amarezza -, magari tramite un’associazione non sindacale, forse saremmo stati in grado di arginare in parte le criticità che oggi non ci fanno stare tranquilli”.

Ormai gli effetti dell’attuale congiuntura economica, al pari degli altri settori, si fanno però sentire e il fantasma della disoccupazione aleggia ogni giorno tra gli operatori dello storico mercato. Qualcosa, però, può essere ancora fatto, secondo Roberto. E non solo da parte dell’amministrazione comunale. “Non deve fare tutto Palazzo Vecchio: paradossalmente, il 70% delle cose dobbiamo farlo noi ambulanti. Certo, il Comune potrebbe darci una grossa mano: non spostando i banchi da piazza San Lorenzo, che è uno dei piani più ingiusti e inutili da mettere in atto, ma mettendo a punto nuovi regolamenti, curando la parte architettonica dei banchi, valorizzando la merce e controllando la qualità dei prodotti venduti e la professionalità di chi è impegato in San Lorenzo – afferma Roberto – Poi ci sarebbe tutta la parte legata alle iniziative, la possibilità di creare un sito web che illustri ogni attività del mercato, e la pubblicità da diffondere attraverso gli alberghi e i luoghi di interesse pubblico, come le stazioni e l’aeroporto. Se sommiamo tutte queste cose, ci possiamo rendere conto di quanto gli organi comunali possano migliorare le condizioni di San Lorenzo senza dover a prescindere spostare le postazioni. Il resto, è bene dirlo, dobbiamo farlo noi operatori, ripartendo da dove abbiamo sbagliato in questi anni e facendo tornare San Lorenzo agli antichi splendori. Il sorriso non ci manca e nemmeno la volontà”.

Al di là delle oggettive difficoltà, di episodi curiosi in questi lunghi e complessi anni di attività ce ne sono comunque stati. Uno, sopra tutti, lo scorso anno, quando Roberto ha avuto l’onore (e l’onere) di servire il re della Malesia. “Un uomo piccolo, gentile, vestito in modo del tutto normale – afferma l’ambulante – Peccato fosse circondato da un sacco di poliziotti in borghese che lo proteggevano e controllavano: in poche parole, lui era al centro, e io tentavo di provargli i cappelli con fatica. Alla fine, però, ha deciso e ha comprato una coppolina modernissima di cotone grigio e celeste”. Tra i clienti di Roberto ci sono stati poi Piero Pelù, la cantante Tosca (“Viene due volte all’anno, è molto simpatica e alla mano”), e persino Luca Giurato. “Per non parlare delle persone che comprano i miei cappelli per collezione o, addirittura, per attaccarli al muro, quasi fossero opere d’arte”, scherza Roberto. “Sembra strano ma è così”, ripete divertito.

Insomma, a San Lorenzo la noia non è di casa. Soprattutto per chi, come lui, parla ben quattro lingue: inglese, francese spagnolo e “ovviamente – sorride – fiorentino”.

Arti e mestieri, degrado, palazzo vecchio


Giulia Ghizzani

Giornalista

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