Un altro sindaco «italiano» a New York?
Dopo le icone Fiorello La Guardia e Rudy Giuliani un altro italo-americano potrebbe tornare a occupare gli uffici del New York City Hall al centro dell’omonimo parco nella zona di Lower Manhattan. L’attuale sindaco, Michael Bloomberg, al termine del suo terzo mandato (per realizzarlo è stata cambiata la costituzione dello Stato), è in scadenza e fra i più accreditati alla successione ci sono il democratico Bill de Blasio e il repubblicano Joseph Lhota, che ha più affinità con l’Italia di quanto il cognome nasconda.
Le primarie per il sindaco di New York, sia per i democratici sia per i repubblicani, sono fissate il 10 settembre con una regola un po’ particolare: se nessuno otterrà il 40 per cento dei voti, il primo ottobre si svolgerà il ballottaggio tra i due candidati più votati. Il 5 novembre, poi, ci saranno le elezioni generali nelle quali si sceglierà il prossimo sindaco.
Tra i democratici de Blasio è in testa ai sondaggi, dopo una travagliata campagna nella quale il favorito, Anthony Weiner, è di nuovo ripiombato in scandali sessuali che lo avevano già visto agli onori delle cronache anni fa e precipitato nelle interviste fra i newyorkesi.
Fra l’altro, il legame di de Blasio con la famiglia italiana della madre è stato fortemente voluto, visto che quando è nato, all’anagrafe, si chiamava in realtà Warren Wilhelm. La sua famiglia lo chiamava Bill e così ha legalmente cambiato il nome e anche il cognome, prendendo quello della madre. Il padre – come lui stesso ha detto in alcune interviste – è stato un buon patriota, ma non un buon padre.
“Mio padre era un ufficiale dell’esercito nel Pacifico, ha partecipato a battaglie molto difficili, compresa Okinawa. E, ora lo sappiamo bene, come molti altri veterani, quando è tornato ha attraversato brutti momenti fisicamente e mentalmente. Era un alcolizzato e mia madre ha rotto con lui molto presto, per questo sono stato allevato dalla famiglia di mia madre, che è fondamentalmente la famiglia de Blasio. Ho iniziato mettendo il nome nel mio diploma, e poi ho legalmente cambiato il nome, quando ho finito la New York University mi sono reso conto che era l’identità giusta”, ha detto alla radio PRX un paio d’anni fa.
De Blasio è oggi “public advocate” di New York (una sorta di difensore civico) e se la deve vedere nelle primarie soprattutto contro Christine Quinn, speaker del consiglio cittadino e Bill Thompson ex “comptroller” (direttore finanziario) di New York.
Sul fronte repubblicano i candidati più accreditati sono John Catsimatidis, nato in Grecia e titolare di una serie di ristoranti, e il favorito Joseph Lhota, che ha un cognome ceco ma un legame con il nostro Paese sempre attraverso la madre, per metà italiana (da parte di madre) e per metà ebrea (da parte di padre). Anche il resto della sua famiglia ha seguito un “percorso” molto italiano negli USA: padre poliziotto del NYPD, nonno pompiere del FDNY e nonna tassista.
Ma le due cose che rendono Lhota più “italiano” di quanto il suo cognome lascerebbe credere sono il fatto che sia un cattolico praticante e che sia molto vicino all’ex sindaco Rudy Giuliani, sotto la cui amministrazione ha servito per due mandati, prima come capo dello staff del vicesindaco e poi come commissioner (assessore) alle finanze. Nel 1998 Lotha è stato anche nominato vicesindaco di Giuliani. E il feeling con gli italiani resta anche dopo la fine di quell’esperienza, tanto che il governatore democratico Andrew Cuomo nell’ottobre 2011 lo nomina chairman (presidente) della MTA, la più grande azienda di trasporti pubblici d’America con 8,5 milioni di utenti al giorno.
Se i due “italiani” dovessero vincere le rispettive primarie, come dicono oggi i sondaggi (Lotha forse anche al primo turno), chi avrebbe maggiori possibilità di diventare sindaco a novembre 2013? Difficilissimo dirlo e per questa sfida ancora non ci sono sondaggi, ma possiamo ricordare che la città più liberal degli Stati Uniti da decenni non ha un sindaco democratico, anche se Bloomberg nell’ultimo mandato non si è presentato come repubblicano, ma come indipendente. Potrebbe essere la volta buona, anche perché de Blasio è tipo pragmatico e poco propenso ai politicismi non amati dagli americani, per la candidatura a difensore civico nel 2008 ha avuto l’endorsement del New York Times e, rieletto nel 2010, nel discorso inaugurale ha fortemente criticato Bloomberg per le politiche sull’educazione e l’eccessivo numero di senza tetto.
Allo stesso tempo Giuliani prima e, con metodi più soft ma altrettanto efficaci Bloomberg poi, hanno ripulito un bel po’ la città da criminalità e corruzione con il marchio del GOP (il Grand Old Party dei repubblicani): la cosa è ancora apprezzata dai newyorkesi e il fatto che Lotha sia stato il braccio destro del sindaco dell’11 settembre potrebbe ancora significare qualcosa fra gli elettori di New York.
La sfida è aperta ma ora più che mai crescono le possibilità che New York possa di nuovo essere guidata da un italiano.