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Marina Militare

Mare nostrum o frontiere europee?

Marina Militare
Una fregata della Marina Militare in navigazione  (Foto FirenzePost)

Non si sa bene chi abbia scelto il nome «Mare Nostrum» all’operazione militare e umanitaria italiana che prenderà il via dal 18 ottobre nel mediterraneo meridionale di contrasto alle navi dei cosiddetti «mercanti di morte» che trasportano immigrati verso le nostre terre.  Non risulta che l’idea del nome sia arrivata da fonte militare, di certo non sembra felice come inizio. I benpensanti e gli intellettuali in servizio permanente effettivo, specie oltralpe, avranno terreno facile per commentare, magari con il sorrisino delle circostanze ufficiali (stile Merkel-Sarkozy ad esempio): «Mare vostro, problema vostro. Altro che frontiere europee». Questo nonostante gli impegni dell’Ue (per ora solo a parole) di non voltarsi dall’altra parte di fronte ad un problema che invece riguarda tutti.

L’Italia intanto non si fida e fa la sua parte, anzi la rafforza perché la sua parte la fa già da un pezzo. Le 120.000 (centoventimila) persone salvate in mare in 10 anni dai nostri uomini in divisa è un numero – citato ieri dal ministro della Difesa Mauro – di cui non si parla mai. Fa parte del nostro dovere e basta. Non fa notizia.

La fanno, giustamente, purtroppo i morti annegati perché abbandonati al loro destino da traghettatori senza scrupolo. E in queste circostanze si alza il coro della parola «Vergogna!». Come se fosse una vergogna, e non una materiale impossibilità tecnica, non poter distinguere al volo nel cuore nella notte – su uno schermo radar pieno di decine o anche centinaia di puntini luminosi – le imbarcazioni di pescatori che stanno lavorando da quelle piene di disperati all’incerta ricerca di una nuova vita.

Il sistema di monitoraggio in mare dunque si rafforza con l’operazione Mare Nostrum. Parliamo di alto mare, acque internazionali. In quelle nazionali già operano con impegno da sempre Guardia Costiera, Finanza, Carabinieri. Ora la Marina Militare aggiunge ai due pattugliatori già operativi altre 5 unità (1 anfibia classe San Giorgio, 2 fregate classe Maestrale, 2 pattugliatori d’altura). Determinante tra l’altro anche l’impiego di elicotteri e velivoli del comparto aero-navale, come pure – ha annunciato il ministro della Difesa – saranno utilizzati «sistemi a pilotaggio remoto». Mauro non ha fornito ulteriori precisazioni ma non potranno che trattarsi dei Predator dell’Aeronautica, gli aerei senza pilota utilizzati per ricognizione in Afghanistan.

I lati deboli dell’operazione però non mancano, almeno al momento. Incertezza sulla durata: si parte per poi ritirarsi se la missione non dovesse raggiungere il suo scopo? Incertezza sul costo: «attualmente spendiamo già 1,5 milioni al mese, con Mare Nostrum i costi aumenteranno» ha detto il ministro. Incertezza soprattutto sull’operatività: cosa fare se si intercetta un qualunque natante carico di immigrati? Dato che la priorità è giustamente il salvataggio delle vite umane, si prenderanno a bordo. Per portarli dove se non in Italia? «Non è detto –ha risposto il ministro dell’Interno Alfano – valuteremo dov’è avvenuto l’ingaggio e decideremo». Sembra piuttosto difficile vedere una nostra nave (a bordo è territorio italiano) che sbarca centinaia di persone a Malta o ancora più difficile che le riporti indietro in Libia o Tunisia ad esempio. Sarebbe auspicabile che le trasferisca su una nave francese che fa rotta su Tolone, ma questa è più fantasia che realtà.

Il rischio più grosso che possa correre «Mare Nostrum» è quello di diventare una missione più di facciata che di efficacia operativa. Come le missioni di peace-keeping in varie parti del mondo, senza precise regole d’ingaggio, dove si va armati ma ben difficilmente si può sparare per primi. Ma ancora peggio il rischio che «Mare Nostrum» accorci la rotta alle navi madre dei «mercanti di morte», che,  appena scorgono sui radar (li hanno anche loro) le nostre unità, mollino in mare barconi di disperati, tanto ci sono gli italiani pronti a soccorrerli. Perché se questo non succedesse avremmo subito contro tutta l’opinione pubblica mondiale. In fondo è il mare «nostro».

 

 

Difesa, immigrazione, marina militare


Sandro Addario

Giornalista

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