
Statali: a fine mese arretrati e stipendio in busta paga. Mancano attestato Corte Conti e firma definitiva del contratto

Il percorso, irto di spine e di trabocchetti, che gli statali debbono ancora superare per arrivare a intascare aumenti e arretrati sta per avere fine. Dopo 9 anni di blocco si conclude il travagliato iter delle trattative, delle delibere, delle approvazioni, dei controlli contabili e finanziari, tutto quell’armamentario incredibile che rende sempre difficoltoso il procedere della pubblica amministrazione.
Dunque, dopo l’accordo sul rinnovo contrattuale firmato sotto Natale e il via libera della ministra Madia, insieme a tutto il governo, restano ancora due passaggi da compiere. In primis l’attestato di regolarità contabile da parte della Corte dei Conti, che però dovrebbe pronunciarsi a giovedì 8 febbraio. Quindi il rito (questa volta gradito) della sottoscrizione definitiva del contratto tra l’Aran, l’agenzia
che ha seguito le trattative, e i sindacati (ipotizzabile tra il 9 e il 12 del mese). Questa tabella di marcia permetterebbe l’arrivo degli arretrati con un assegno ad hoc, distinto dallo stipendio, tra il 26 e il 28 di febbraio. Le categorie di Cgil, Cisl e Uil lamentano però lentezze sui rinnovi per gli altri comparti del pubblico impiego, dalla sanità ai territori, e per questo lunedì 5 febbraio protesteranno sotto palazzo Vidoni, la sede del ministero della P.a.
Il conto alla rovescia per i cedolini straordinari indirizzati ai 247 mila statali sta dunque per arrivare allo zero. Già alla fine del mese potrà
essere caricata sui conti correnti dei dipendenti della P.a centrale l’una tantum per un valore che oscilla tra 370 euro della fascia retributiva più bassa ai 712 della più alta (per una media intorno a 492). Da marzo invece scatteranno gli aumenti a regime di 85 euro al mese (lordi)-
Intanto giunge notizia che in tutta Europa gli statali sono sottoposti a rischi che possono ripercuotersi sulla loro salute ma anche sul funzionamento dell’amministrazione. A mettere in guardia dallo stress che incombe su chi lavora nella P.a è il Comitato per il dialogo sociale, che riunisce i rappresentanti sindacali di tutti i Paesi dell’Ue. L’allarme è messo nero su bianco in una guida, intitolata “Benessere e sicurezza sul lavoro”. Manuale diffuso in Italia dalla sigla del pubblico impiego della Cgil.
Dalle molestie alle violenze da parte di terzi al mobbing, dalla precarietà ad orari di lavoro irregolari: diversi sono i fattori che possono rientrare nella casistica dei cosiddetti rischi psicosociali che sembrano oggi rappresentare – si legge nel pamphlet – la principale minaccia alla salute e al benessere dei dipendenti e dei funzionari pubblici. Fra questi forse manca anche la lentezza per l’adeguamento di contratti e retribuzioni nel pubblico impiego, ma questo è principalmente un vizio italiano, condiviso solo da qualche Paese europeo meno evoluto.
