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Non solo blocco degli sbarchi, ma il governo taglia l’8 per mille per assistenza ai rifugiati

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Palazzo Chigi

Continuano ancor oggi le polemiche conseguenti al sostanziale blocco degli sbarchi dei migranti sulle navi Ong, deciso dal ministro Salvini, mentre le sinistre e parte della Chiesa spingono per l’accoglienza indiscriminata, come era avvenuta con i governi della sinistra. Adesso si apre un altro fronte che vedrà sicuramente contrapposti governo gialloverde da un lato e buonisti interessati (anche economicamente) all’accoglienza dall’altro.

Nel decreto sull’8 per mille sono stati infatti cancellati i finanziamenti che le onlus ricevevano per i rifugiati; iI capitolo è stato dimezzato per impinguare quelli a favore di terremotati e alluvionati. Il governo Conte ha deciso di cambiare rotta anche nella gestione dell’8 per mille dell’Irpef destinato dai cittadini allo Stato italiano, modificando la consuetudine di dividere l’intero tesoretto in parti uguali, assegnando la stessa cifra a tutte le categorie stabilite dalla legge. Dunque adesso solo tre milioni sono destinati all’integrazione (erano otto l’anno scorso), mentre i Comuni colpiti da calamità incasseranno oltre 12 milioni di euro. Dunque meno soldi all’assistenza dei rifugiati e ai progetti per contrastare la fame del mondo, più fondi ai Comuni italiani colpiti da calamità naturali. Il governo Conte ha deciso quindi di differenziare quanto assegnato alle cinque categorie stabilite dalla legge: «Fame nel mondo», «Calamità naturali», «Edilizia scolastica», «Assistenza ai rifugiati e ai minori stranieri non accompagnati», «Conservazione dei beni culturali».

E’ scritto nero su bianco nello schema di decreto sulla ripartizione dell’8 per mille trasmesso alla presidenza del Senato lo scorso 9 gennaio. Nella lettera che accompagna il testo, firmata dal sottosegretario Giancarlo Giorgetti, si spiega come il governo abbia deciso di derogare all’articolo 2 del «Regolamento» in vigore per questi fondi – che prevede la suddivisione in parti uguali – basandosi su un altro comma dello stesso regolamento, che permette di tenere conto di «particolari caratteri di eccezionalità, necessità e urgenza» di determinati interventi. Così, spiega Giorgetti, «il Consiglio dei ministri con delibera in data 8 novembre 2018 (…) ha disposto la riduzione del 50% delle quote relative alle categorie “Fame nel mondo” e “Assistenza ai rifugiati” per un ammontare di euro 3.007.095,30 ciascuna, ed è stato conseguentemente dispostol’incremento di tale somma alla quota della categoria “Calamità naturali”, per un totale complessivo di euro 12.028.381,56».

La sterzata rispetto al passato è evidente. L’anno scorso il governo Gentiloni decise di rispettare alle lettera il «Regolamento» fissato nel Dpr 76/1998 e divise in cinque parti uguali i 41 milioni di euro a disposizione. Ai progetti destinati ai rifugiati, quindi, andarono circa 8,2 milioni di euro. Cinque in più di quelli che saranno incassati quest’anno. E a farne le spese sono, in particolare, cinque onlus beneficiate in passato e rimaste a bocca asciutta quest’anno. Non ci saranno i finanziamenti del passato dunque per l’Arci, l’Associazione Centro Astalli, il Cies (Centro informazione ed educazione allo sviluppo), il Cir (Consiglio Italiano per i Rifugiati) e Synergasia. Tutte associazioni che, evidentemente, il governo ritiene orientate verso la sinistra. Questi fondi andranno tutti all’Associazione Nazionale Comuni Italiani per «Interventi straordinari di accoglienza integrata», confluendo in un unico progetto contro i venti di dodici mesi fa.

Sono scelte che possono certo essere discutibili, ma che sono in linea con l’indirizzo del governo sovranista, mitigato da alcuni esponenti grillini, seguendo il principio «prima gli italiani» dettato da Salvini e che ha trovato applicazione anche col reddito di cittadinanza, mitigato un po’ dalla concessione a famiglie straniere che ne avessero diritto.

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