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Senegalese spranga poliziotti: il pm rifiutò il fotosegnalamento coattivo che ne avrebbe permesso l’arresto

Automobile Polizia di Stato

ROMA – In un Paese normale, non caratterizzato dai privilegi immensi della magistratura, che sfugge ad ogni controllo, il provvedimento del pm che non ha permesso l’identificazione del senegalese che ha ferito a colpi di spranga due poliziotti dovrebbe essere sottoposto ad esame dai suoi colleghi per quanto accaduto. Ma in Italia i magistrati sono al di sopra della legge e non rispondono di quasi nulla.

E’ risultato dalle ricostruzioni effettuate che Ndiaye Migui, il senegalese di 26 anni arrestato il giorno di Pasqua per aver aggredito con una spranga i poliziotti che gli avevano chiesto di lasciare il giaciglio nei depositi dell’Esselunga, avrebbe dovuto essere in carcere. Il 29 marzo l’uomo era già finito in questura dove, anche in quell’occasione, si era preso gioco dei poliziotti per poi picchiarli. Arrestato per resistenza non fu possibile identificarlo e, quindi, rinchiuderlo nelle camere di sicurezza. «Io non vi do le mie impronte – disse in quella occasione agli agenti insultati e derisi – fanculo voi, l’Italia e la polizia. Salvini è un bastardo e deve morire. Dovete morire tutti».  A opporsi al fotosegnalamento coattivo, che avrebbe potuto aggirare l’intoppo, fu però il pm di turno che anzi dispose l’immediata liberazione del senegalese nonostante due provvedimenti di espulsione a suo carico.

Nessuno ha qualcosa da ridire a tal proposito?

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