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Tornano le province, proposta della Lega. Ma Di Maio non è d’accordo

Riunione Upi, unione province italiane

Il Sole 24 Ore, spulciando la bozza sulla riforma degli enti locali, ha trovato un passaggio in cui si parla esplicitamente dell’elezione di 2.500 consiglieri e dei presidenti di provincia. Questo sarebbe il piatto forte di una nuova proposta governativa, insieme all’abolizione di ambiti ottimali (Ato) e degli altri enti e agenzie che nel tempo hanno intercettato funzioni e risorse crescenti.

Almeno è quanto scritto nell’ultima bozza delle Linee guida per la riforma degli enti locali a cui hanno lavorato Lega e M5s. Nel testo si parla di «Province con presidente e consiglieri eletti e relative giunte nominate». Sarebbero, come detto, circa 2.500 gli incarichi fra consiglieri, assessori e presidenti. Mail M5s frena e afferma che questa riforma la vuole la Lega, ma loro non sono d’accordo.

Province e Città metropolitane sono tornate sul tavolo del governo mercoledì. «C’è stata un’ampia condivisione sul superamento della situazione attuale» ha spiegato Candiani, e nemmeno dai Cinque Stelle sono arrivate obiezioni. Ma la proposta, oltre a rianimare le elezioni provinciali abolite nel 2014, fa di più. Il Consiglio provinciale non cancellerebbe l’attuale assemblea dei sindaci, cioè l’ organo di secondo livello (votato cioè dagli amministratori locali del territorio e non dai cittadini) creato dalla riforma Delrio. E le Province tornerebbero a vivere anche nei territori delle Città metropolitane.

Il leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera, afferma: «Faccio notare che quando vennero abolite le Province sembrava che le casse dello Stato si sarebbero risanate, ma non è stato così. Se le competenze e il personale – ha aggiunto – si ridistribuiscono in altri enti pubblici, i risparmi non ci sono. Semmai è più facile che ci siano tanti disservizi, con le scuole che cadono e le strade con le buche». E dalla Lega si commenta la posizione degli alleati: «Oggi tocca alle province, distrutte da Renzi con gravi danni per i cittadini e per la manutenzione di scuole e strade. Un viceministro 5S lavora per rafforzarle, un altro ministro 5stelle lavora per chiuderle. L’Italia – concludono le fonti leghiste – ha bisogno di un sì e di serietà, non di confusione».

Sulla questione è intervenuto però il vicepremier, Luigi Di Maio, che ha commentato: «Per me le Province si tagliano. Punto. Ogni poltronificio per noi deve essere abolito. Efficienza e snellimento, questi devono essere i fari. Questa è la linea del M5s».  Fonti del Movimento 5 Stelle hanno inoltre specificato che «si tratta di una riforma del Testo unico Enti locali portata avanti dalla Lega sulla quale il M5s non è assolutamente d’accordo». Il premier Conte cerca ancora una volta di mediare e afferma che il dibattito in Italia sulle Province verrà affrontato al suo ritorno dalla Cina.

Sarebbe opportuno che questo governo, invece di leticare a ogni piè sospinto,  si ponesse il problema più generale, di rivisitare tutto l’assetto politico locale, provvedendo magari a ripristinare le province, che erano gli unici enti locali che funzionavano (abolendo però i tanti enti che hanno preso il loro posto). E riducesse invece numero, poteri e poltrone, anche di sottogoverno, delle Regioni. Che nel tempo hanno aumentato poteri e costi e vorrebbero espanderli ulteriormente in nome di un preteso decentramento, che si è trasformato finora, invece, in un centralismo regionale peggiore di quello rimproverato allo Stato. E noi paghiamo i costi abnormi di questa situazione.

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Paolo Padoin

Già Prefetto di Firenze Mail

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