Reddito cittadinanza, perfino l’Ocse chiede di modificarlo, ma la politica si divide
Non solo Salvini, anche l’Organizzazione per lo sviluppo economico (Ocse) contesta il redito di cittadinanza e ha messo nero su bianco il proprio giudizio negativo sul sussidio grillino, come già in realtà aveva fatto altre volte: l’assegno ha contribuito a ridurre la povertà, ma il numero di beneficiari che hanno trovato un impiego è scarso. E l’invito quindi è quello di «ridurre e assottigliare il reddito di cittadinanza per incoraggiare i beneficiari a cercare lavoro».
In molti, da Italia Viva a Forza Italia, vorrebbero abrogarlo. Mentre il Movimento Cinque Stelle, con l’aiuto del Pd, difende il proprio provvedimento bandiera. «La sua cancellazione sarebbe la rottura di un patto di lealtà e di una logica di sostegno e collaborazione», ha detto l’ex premier Giuseppe Conte da Napoli. «È davvero da vigliacchi per degli esponenti politici, che hanno dei trattamenti di tutto rispetto dal punto di vista economico, andare in tv e chiedere l’abrogazione di una misura che nel migliore dei casi arriva a 780 euro».
il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti – che sul Messaggero oggi scrive un fondo dal titolo “La forza delle imprese per rilanciare il Paese” – propone che «si cominci a ragionare di lavoro di cittadinanza».
Una proposta lanciata dal palco, che però fa scattare subito il Pd in difesa della misura grillina. «Se Giorgetti parla di lavori socialmente utili – dicono i Dem – facciamo notare che esistono già. Forse se l’è dimenticato». In effetti ci sono già i Progetti utili per la comunità (Puc): chi prende l’assegno del reddito si impegna a partecipare a questi progetti per otto ore settimanali.
Pdr Matteo Salvini «il reddito costa 8 miliardi all’anno. E va bene aiutare chi non può lavorare o i disabili gravi, ma con un emendamento a mia prima firma alla prossima legge di Bilancio chiederò di spostare parte di questi 8 miliardi, magari dandone una parte alle aziende che assumono un cinquantenne a spasso». I Cinque stelle frenano:
«Non se ne parla di tagliare. Semmai troviamo altre risorse». La strada, insomma, per il governo è tutta in salita e il premier Draghi dovrà far ricorso alle sue capacità di diplomazia e di persuasione per metterà d’accordo la maggioranza così divisa. Il governo potrebbe rischiare, ma le ultime vicende politiche e parlamentari mostrano che in questo momento nessuno vuolez una crisi dalla difficile soluzione. La battaglia si aprirà dopo l’elezione del Capo dello Stato, anche tenuto conto dei risultati che usciranno dalle prossime elezioni amministrative.