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Price cap, Consiglio Ue: ancora nessun accordo in vista, sette Paesi si oppongono

BRUXELLES – L’ultima bozza delle conclusioni del vertice Ue, in programma oggi 27 ottobre, prevede di esaminare una forma di price cap dinamico temporaneo proposto dalla Commissione. Ma, mentre von der Leyen e altri Paesi, Italia in testa, vorrebbero che il vertice desse un mandato chiaro alla Commissione per la fissazione del tetto del gas, Germania, Olanda, Danimarca, Svezia, Irlanda, Austria e Ungheria continuano ad avere più di una riserva anche sulla proposta di un price cap, che sia dinamico e temporaneo. E sul gas è entrato in crisi perfino l’asse portante dell’architettura europea, quello tra Parigi e Berlino.

Si parte, ancora una volta, da posizioni lontane, che von der Leyen non riesce proprio ad avvicinare. Olaf Scholz e Mark Rutte mantengono ferma la convinzione che anche un price cap temporaneo e dinamico sia “controproducente”. Il ragionamento dei ‘falchi’ suona un po’ così: se la Commissione entro aprile del 2023 davvero ultimerà un nuovo benchmark complementare al Ttf di Amsterdam un cap nel breve termine non serve. Anzi, rischia di far fuggire i fornitori, verso acquirenti asiatici ad esempio. I nordici, inoltre, sono convinti che, con gli stock pieni, i prezzi dell’energia siano destinati a scendere almeno fino alla prossima primavera.

D’altro canto più di 15 Paesi sono a favore del price cap, compresi, oltre all’Italia, anche Spagna, Polonia e soprattutto Francia. Tanto che, sul fronte dell’energia, l’asse tra Parigi e Berlino scricchiola notevolmente e le consultazioni governative franco-tedesche che avrebbero dovuto tenersi la prossima settimana a Parigi sono state rinviate a gennaio.

Le posizioni fra gli Stati divergono non soltanto sul ‘cap’, ma anche su altri dossier importanti, in primis il Midcat (il gasdotto che Spagna e Germania vogliono costruire ma che vede l’ostruzionismo francese) allo scudo anti-missile che la Germania vuole istituire assieme ad altri 13 membri della Nato e sul quale la Francia, in nome dell’autonomia strategica europea, è fortemente contraria.

E poi c’è il tema del Sure sull’energia, voluto dalla Francia e da una parte della Commissione, ma ancora una volta osteggiato dai nordici. La loro posizione oltranzista, oltre allo scudo da 200 miliardi messo in campo da Berlino a difesa delle sue aziende, ha fatto infuriare non solo Draghi ma anche Emmanuel Macron.

Il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, lanciando un ultimo appello ai 27 partners, ha sottolineato che sarebbe “un grosso errore” non restare uniti. Le premesse non sono delle migliori, e per di più Viktor Orban sarebbe pronto pronto a dire “no” perfino agli acquisti congiunti di gas.


Ezzelino da Montepulico


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