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Pensioni: opzione donna, salta il legame con i figli. Dietrofront del governo

ANSA/ FILIPPO MONTEFORTE

ROMA – Opzione donna: la modifica proposta dal governo, di legare il pensionamento anticipato al numero dei figli, non sta in piedi. Il Consiglio dei ministri ci ripensa. Un passo indietro che potrebbe essere stato dettato dai rischi di incostituzionalità (sollevati da giuristi esperti in materia) e che si va ad aggiungere alle perplessità sulle coperture.

Intanto non si è ancora concluso il lavoro sul testo, approvato lunedì ma non ancora arrivato in Parlamento, dove è ormai atteso all’inizio della prossima settimana.

La novità su Opzione donna era emersa durante il varo della manovra in consiglio dei ministri: “Prorogata per il 2023 con modifiche: in pensione a 58 anni con due figli o più, 59 con un figlio, 60 altri casi”, si spiegava nel comunicato di Palazzo Chigi. Nella bozza circolata poi nei giorni scorsi l’articolo però risultava ancora vuoto. E ora si scopre il motivo: al ministero del Lavoro, infatti, si starebbe lavorando per confermare fino al 31 dicembre 2023 la precedente norma (pensione anticipata per le lavoratrici con 35 anni o più di contributi e almeno 58 anni d’età per le dipendenti e a 59 anni per le autonome): la proposta sarebbe all’attenzione del Ministero dell’economia, si spiega, per le coperture.

Ma il vero nodo non sarebbero le risorse: la modifica sarebbe nata originariamente per ottenere dei risparmi restringendo la platea; ma poi si sarebbe visto che i risparmi non erano così determinanti. Anche nella versione originaria, Opzione donna vale infatti un centinaio di milioni di euro, cifra non esorbitante considerando i volumi complessivi della manovra. Rischiavano invece di diventare problematici i rilievi sull’aspetto “penalizzante” delle norma.

Ad alzare l’allarme anche alcuni costituzionalisti, secondo i quali una distinzione di questo tipo avrebbe potuto portare a sollevare la violazione del principio di uguaglianza. Una norma “discriminatoria”, la bolla il Pd, che plaude al passo indietro, pur rimarcando “le criticità di opzione donna”. Una misura dal “deciso sapore di Ventennio che si è infranta di fronte alla Costituzione”, aggiunge il M5s. Che promette battaglia in Parlamento nel caso il governo dovesse cambiare ancora idea. Opposizioni che prendono la palla al balzo anche per accusare l’esecutivo di “pressapochismo”.



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